Vino veritas. L’alcol = rimedio per tutti i mali.
Forse questo post andava scritto prima del week end, considerato che quello è il momento in cui la movida si riversa di più nelle strade e fuori dai bar. Una delle prime situazioni sociali a cui molti giovani aspiravano dopo il lockdown, infatti era il ritorno all’aperitivo, ordinaria e consolidata abitudine ormai per molti. Come lo era stato il continuarne la pratica durante, attraverso le videochat. Ed è triste pensare che fuori al di là di questo, ci sia un mondo che è sembrato non mancare in tre mesi, un mondo fatto anche di altre cose e di altre esperienze condivisibili non “alcoliche”. Gli iniziali raduni post lockdown nonostante i divieti, hanno ribadito che bere insieme sia quasi una sorta di presa di posizione irrinunciabile o rivendicazione del proprio stato di appartenenza alla propria generazione. Senza pensare che in nome di questo, le regole più o meno valide del distanziamento e della sicurezza si sono dissipate, passando dalla fase 2 alle fase “va tutto bene, è tutto finito”. Cosa si sarebbe fatto allora ai tempi in cui l’aperitivo non era ancora un must?
Non ne faccio un discorso morale e prendendo spunto dall’articolo che allego, in cui l’alcol viene usato anche per bloccare la fame ( rimedio non proprio sano), ho preso spunto su un fenomeno che sto osservando da un pò. Oggi il bere non è più una questione di piacere, di relax o piuttosto di abbassamento della tensione. C’è una “socialmente giustificata” ricerca di anestetizzare la mente e le emozioni fino ad arrivare allo stordimento, simile ma molto più socially/legally correct dell’uso delle droghe. L’abitudine della convivialità si è sempre più spostata nel tempo su situazioni in cui l’alcol fa da pretesto come da input e quindi unisce, solo che se ne consuma a volte tanto, a volte fino a stare male. Eppure in quelle generazioni il cui consumo è frequente, di responsabilità così alte che necessiterebbero l’ alleviare le preoccupazioni, ne hanno poche. Il bere soprattutto senza vedere le conseguenze, senza autoregolazione è uno dei comportamenti in cui la mancata capacità di autogestione si palesa di più. Anzi viene accompagnata sovente da autocompiacimento. Se il fine non è il piacere ma l’ubriachezza o il mostrare agli altri la capacità del proprio limite, quale significato sta assumendo oggi l’alcol?
Chi non beve mi racconta di sentirsi persino inadeguato e un pò tagliato fuori, come fosse lo sfigato di turno o lo “strano”. Si sente giudicato e spesso non coinvolto anche dal clima che si crea tra gli altri, trovandosi talvolta costretto a bere per non sentirsi escluso dagli amici. Quindi la motivazione di quest esplosione del consumo e abuso di alcolici che sta dilagando e facendo anche aumentare le vittime stradali, a cosa è dovuta?
Penso che dietro ci sia un bisogno come sempre, anche di adeguatezza sociale, laddove il senso di dover apparire in un certo modo attanaglia la personalità o la difficoltà di trovarne una di molti ragazzi. Si nasconde il bisogno di appartenenza per cui quel comportamento si attua, come tanti altri senza metterlo in discussione, senza chiedersi se ce ne sia davvero la necessità o persino il piacere. E’ un modo poco funzionale certo, di sentirsi più sicuri o di non mostrarsi diversi, per non essere criticati, far parte così del branco, superando l’ansia sociale su cosa dover dire o per chi dover apparire. Non è più solo un costume sociale , o un momento di ricerca di ebbrezza, non è più il gustare, quanto la quantità che fa perdere ogni tipo di piacere reale; è ingordigia, come oggi ci si abbuffa compulsivamente un pò di tutto in fondo. E come spesso accade per i comportamenti bulimici, ci si rafforza dalla condotta di gruppo.
Sappiamo poi come la mente si abitua e ci abitui ad abbassar ogni volta il livello di controllo, minimizzando e indulgendo con noi stessi. Per cui lo stop non arriva quando deve e progressivamente viene spostato su una maggiore tolleranza. Nonostante i danni che possono conseguire a livello fisico e mentale tra l’altro non solo su noi stessi, ma rischiando di danneggiare anche il prossimo.
Dati che indicano: oltre il 51,6% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni beve qualche volta la settimana; si inizia prima negli anni e seppur la birra sia la bevanda alcolica più consumata, assieme ci sono i superalcolici e gli shottini il cui consumo è parimente alto sia al pub, in discoteca o nelle piazze. Solo 2 su 100 ragazzi sono astemi e la differenza tra maschi e femmine nel consumo si sta sempre più assottigliando. Molte cause di morte che siano incidenti stradali che reazioni violente con risse o abusi di violenza femminile, sono frequentemente correlati con l’uso di alcol. Spesso infatti la percezione dei suoi effetti è annebbiata: mettersi alla guida ad esempio dopo due bottiglie di birra o un bicchiere di vino, fa diminuire la vista, la concentrazione e la capacità reattiva. La stessa percezione della velocità viene alterata come lo sono le distanze. Il nostro corpo infatti impiega molto tempo per espellere e lavorare le molecole dell’alcol e questo tipo di messaggio a quanto pare fatica ad arrivare.
Mi rendo conto che nemmeno nei genitori l’ eccessivo uso di alcol viene preso seriamente, anzi viene spesso tollerato, non capendo che anche il loro modello influisce sulla percezione dell’uso che ne fanno i figli. Ho sentito dire al telegiornale che in fondo lo spritz era cultura e quindi se i giovani agli inizi di maggio rivendicavano il loro diritto all’aperitivo era normale. L’abuso di alcol inoltre è stato ritenuto uno dei problemi in aumento anche durante il lockdown, quando di socialità non ce ne era. Allora fungeva da analgesico contro l’angoscia, contro la noia.
Alla fine vista la facilità di acquisto il consumo di alcol sta assumendo gli effetti di una cura; un rimedio un pò per tutto, un medicinale che aiuta a gestire l’ansia, quanto la depressione, la socialità e la solitudine, la fame, come le emozioni e i pensieri scomodi. E’ un farmaco da “banco” da usare per ogni tipo di tensione, malessere o senso di inadeguatezza, stimolatore di estroversione, alibi per fare o dire qualsiasi cosa, ed è questo uso massificato che sottende troppi significati non consapevoli che rappresenta la parte del fenomeno più allarmante. Soprattutto sembra indicare che sia un rimedio a grandi fragilità umane che andrebbero lette, indagate e direzionate in modi più sani.
Rebecca Montagnino
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