QUANDO IL BISOGNO DI RICONOSCIMENTO DIVENTA UNA DROGA

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Quando parlo di “narcisismo” credo che l’immagine mentale che tale parola suscita è quella di Narciso che si specchia nell’acqua, immagine un pò antica ed iconografica. Se pensiamo al narciso moderno probabilmente lo immagineremo davanti lo specchio di una sala pesi che alza manubri emettendo suoni da cavernicolo e subito dopo ammira i suoi bicipiti; o quello che si siede alla toeletta di un parrucchiere per farsi depilare le sopracciglia, luogo che fu fino a poco tempo fa, un presidio prettamente femminile.

Così come immaginiamo la donna alzarsi presto la mattina per prepararsi, truccarsi e vestirsi per recarsi al lavoro come se dovesse andare al veglione di Capodanno. Lo vediamo ancora attraverso le  varie ricostruzioni estetiche sempre più in voga, labbra, seni,  zigomi  rifatti, unghie da serate degli Oscar. L’aspetto esteriore e la cura per il corpo non sono però solo una vanità, se non sono l’unico modo di occuparsi di sé, ma vengono accompagnati da una cura per la propria Persona, altrettanto minuziosa per  l’introspezione  o l’intelletto.

Il culto per  l’apparenza è solo una delle manifestazioni del narcisismo, quello che riguarda appunto il lato vanesio della personalità ed è quello più ovvio. La vanità esiste da sempre in realtà, ma non è mai arrivata a  generare come oggi una popolazione a modello star di Hollywood.

Il problema sta nel cercare di diventare altro da quello che si è, mettendo una maschera anche solo estetica, che permette di tenere nascoste le fragilità e le insicurezze che sono invece umane.

Questo lato è quello più facilmente individuabile, perchè è visibile appunto. Lo scoviamo ancora in modo piuttosto chiaro nei racconti un pò troppo palesati delle conquiste maschili o femminili, nella vanterie per gli obbiettivi raggiunti, nel parlare sempre di sè (IO faccio, IO penso, togliendo spazio all’altro o sovrapponendosi nel discorso di continuo, ovvero nel non saper ascoltare), nei selfie, nei racconti interminabili delle proprie esperienze senza monitorare il grado di interesse che suscitano di fatto nell’interlocutore.

C’è però un sottofondo assai più vasto e subdolo del manifestarsi del narcisismo a cui non siamo abituati a prestare attenzione.

Parente prossimo del bisogno di apparire è il bisogno di riconoscimento, il bisogno di sentirsi approvati, ammirati, stimati, condivisi, che può arrivare a delle forme di dipendenza inaudite. Nel volontariato stanno infatti introducendo la norma  di somministrare il Narcissistic Personal Inventory, ossia il test che stabilisce la presenza o meno ed il grado, del disturbo narcisistico e questo perchè molti che svolgono attività di  volontariato o  di beneficenza sono mossi più dal bisogno coatto di di sentirsi buoni ed essere considerati buoni; lo fanno inconsciamente per preservare e valorizzare agli occhi propri e altrui l’immagine idealizzata che hanno costruito di sè. E’ chiaro che se lo scopo è il soddisfacimento di un bisogno personale, si rischia di provocare dei danni a discapito di chi si vorrebbe aiutare, non a caso molte attività di volontariato presentano fenomeni di fanatismo ed esaltazione, il fare del bene diviene in questo caso un modo per sentirsi importanti e l’aiutare il prossimo lo specchio di una personalità altruista, generosa.

Il fatto che  a volte dietro la beneficenza si nasconde invece un bisogno puramente egoistico ed esibizionistico chiaramente fa dell’altro un mezzo più che un fine. Tante forme di aiuto, solidarietà sottendono questo forte bisogno di sentirsi moralmente  migliori, equilibrati e di piacere alle persone che sviluppano di conseguenza  un’ ottima opinione di noi.

Lo stesso bisogno compulsivo di riconoscimento e di piacere (oggi bisogna piacere sempre e a tutti) condiziona fortemente la personalità, inibendone l’autenticità, in quanto  osando essere se stessi si rischia di incombere nella disapprovazione. Probabilmente laddove si viene educati a sentirsi speciali la necessità non finisce con l’entrata nell’età adulta, ma trova solo altre strade di soddisfacimento. Ricordiamoci sempre che il nemico più grande del narcisismo è infatti l’autenticità.

Allo stesso modo tale bisogno crea un meccanismo patologico quando si inserisce in un contesto lavorativo, non conta solo la gratificazione  economica, quanto il bisogno di sentirsi unici, indispensabili, ammirati. Questo spinge ad una ricerca assoluta di perfezionismo da cui si può dipendere come da una droga, di cui non si può fare a meno. Essere riconosciuti per quel che si vale è naturale, avere riconosciuti i meriti per cui ci si impegna è normale, il sottile tratto che distingue quest’aspetto però dalla patologia è sottile e ci si ritrova in una spirale in cui si fa sempre di più e si trovano avvoltoi che chiedono sempre di più.   Molti giovani cadono oggi in questa trappola e pur di ottenere l’approvazione dei capi sono disposti a tutto, anche a mettere da parte la loro vita privata, anzi sembra quasi che questo sia un prerequisito fondamentale, di cui è ovvio, è facile diventarne vittime.

La lusinga quindi nasconde un insieme  di motivazioni diverse, molte delle quali sono invisibili e non comprensibili ad una prima lettura. Ricordiamoci che chi soffre di narcisismo instaura relazioni in cui l’altro diviene solo uno specchio per gloriare il proprio Ego e nutrire i propri bisogni, solo che spesso  il soggetto non ne  è consapevole e quando lo diviene, smettere è faticoso e difficile. Queste personalità hanno talmente forte la dipendenza dal giudizio altrui, che  per loro essere se stessi appare qualcosa di pericoloso, nonchè ignoto.

Questo non significa che la gentilezza, la solidarietà, la disponibilità, l’affidabilità siano sempre e solo manifestazioni narcisistiche, ma che potrebbero esserlo. L’importante è renderci consapevoli di  quale sia la vera motivazione che ci spinge a mostrarci o ad essere in un certo modo.

 

Rebecca Montagnino

 

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