Perchè quando qualcosa smuove davvero dentro, ci diventa scomodo? …
“I migliori anni della tua vita sono quelli in cui decidi che i tuoi problemi hanno a che vedere con te. Non accusi tua madre, la società o il presidente . Ti rendi conto che puoi controllare il tuo destino. “ Albert Ellis
Che l’origine di tante nostre sofferenze dipenda da come interpretiamo il mondo, dal nostro modo singolare di pensare e di parlarci, lo sappiamo, eppure fatichiamo ad accettarlo. Credo che in questa massima di Albert Ellis sia condensata tutta la potenza di uno strumento (il modello ABC da lui ideato) che se da un lato ci smuove, dall’altro proprio per questo ci è scomodo. In genere ciò che avvertiamo come “scomodo” è perchè funziona, tocca quel punto che non vorremo mai affrontare davvero-
Per quale motivo siamo restii al cambiamento o ancora di più al miglioramento? Intanto per uscire da un disagio dobbiamo anche fuggir via dalla beata “zona comoda”, mentale, emotiva, materiale che sia. Dobbiamo cioè mollare dei punti di riferimento obsoleti, inutili, ma al contmpo subdolamente vantaggiosi. Sono i nostri atteggiamenti mentali e le nostre convinzioni in primis. Come Ellis afferma nella sua teoria, se gli eventi della vita sono gli stessi per tutti noi, il modo in cui li leggiamo e rispondiamo ad essi dipende invece da noi (Response-ability)…e imparando ad usare l’ABC, è inequivocabile e impossibile non vedere quanto sia realmente così!
Sono sempre più convinta che se usato abitualmente il modello ABC sia geniale per aiutarci a conoscerci meglio e che diventi nel tempo, un modo automatico per analizzare velocemente la fonte del nostro malessere. E’ uno degli strumenti più semplici e più potenti della psicologia, in quanto permette di far luce sulla nostra consapevolezza evidenziandone tre aspetti fondamentali: ciò che sentiamo-ciò che pensiamo e le nostre convinzioni. La sua straordinarietà sta che rifacendosi a modelli di pensiero antichi, come quelli di Confucio e della filosofia degli stoici, ci fa vedere come la natura del nostro malessere non dipende da ciò che ci accade, ma dalla maniera in cui lo valutiamo.
“Le cornici psicologiche influenzano il nostro modo in cui sperimentiamo e interpretiamo le situazioni” R.Dilts
COSA IMPLICA IL MODELLO ABC. Il modello ABC nella sua struttura più basica è una tabella dove A sta per situazione attivante o trigger– Quando noi sinteticamente descriviamo i fatti che ci hanno generato disagio, dobbiamo depurarli da qualsiasi contenuto che sia una nostra interpretazione, una valutazione, anche nel linguaggio. Molto spesso quando parliamo nella nostra mente-ovvero pensiamo- senza che ne siamo consapevoli, diamo nel raccontarci ciò che ci ha fatto star male, personalizziamo, soggettiviamo, dando una sorta di giustificazione all’accaduto, a seconda del ruolo in cui ci sentiamo protagonisti. Nel fare questo perdiamo la visione obiettiva della situazione, usiamo la nostra “mappa”. Già in questo il modello rappresenta uno strumento davvero straordinario; ci fa realizzare di come tendiamo a fare questa deviazione senza che ce ne rendiamo conto. Le aggiunte o gli aggettivi usati, mostrano quando dobbiamo ri- descrivere i fatti, come interpretiamo le situazioni a seconda del nostro pensiero e delle nostre convinzioni, tanto che talvolta fare quest’operazione iniziale di “pulizia” è già un compito difficile.
B, belief. Cattura i nostri pensieri- cosa ci siamo detti mentalmente-, mette il focus su come ci parliamo interiormente e permette soprattutto di cogliere le nostre convinzioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo. Si possono individuare quindi gli schemi principali a cui corrispondono le nostre convinzioni, di quali gruppi fanno parte, se siamo inclini alle doverizzazioni e agli assolutismi, ai catastrofismi, se siamo soggetti a cercare il perfezionismo. E’ attraverso le convinzioni infatti che ho, che creo le aspettative successive e le aspettative hanno un grande potere nel condizionarmi, aspettandomi reazioni che spesso non sono logiche o inerenti alla realtà o mi provocano una bassa tolleranza alla frustrazione. Sono proprio queste forse le più complicate da scovare e spesso trovarle da soli richiede uno sforzo elevato, perchè non sempre siamo in grado di confutare le nostre idee, di vederne l’irrazionalità e soprattutto di abbattere difese/resistenze. Bisogna saper a questo punto andar oltre ciò che ci è scomodo vedere, soprattutto su quei punti che ci provocano fastidio e malessere, perchè è probabilmente lì che si annidano i principali nuclei della nostra personalità e dei nostri blocchi.
C sta per conseguenze emotive e comportamentali, ovvero il modo in cui reagiamo. Il focus questa volta va alle nostre emozioni basiche (gioia, tristezza, paura, disgusto, rabbia) definendo con quale percentuale sono presenti al nostro interno; vediamo chiaramente così facendo, che si attivano a seconda dei pensieri che facciamo sui fatti e non sui fatti in sè.
Se la situazione trigger viene descritta in modo obiettivo, ne consegue che ciascuno di noi dovrebbe avere una reazione diversa e che la nostra reazione non è l’unica possibile. Quello che varia tra soggetto e soggetto infatti, è la valutazione e l’insieme delle convinzioni che si attivano a seguito di quel fatto. Anche qui se l’esercizio viene svolto con grande sincerità, è possibile realizzare come ci “raccontiamo” le storie, generando una mole di reazioni che sono proprie dei nostri condizionamenti, dei ruoli che abbiamo e che impersonifichiamo nei nostri schemi . Mette in luce come quei ruoli, sono in genere quelli che più ci infastidiscono e che vorremo evitare.
Anche le conseguenze comportamentali, cioè cosa facciamo quando sentiamo e pensiamo certe cose relative ad A, il fatto, evidenziano le nostre modalità comportamentali reattive che siano di fuga, attacco o evitamento e che in genere sono solite del nostro modo di rispondere ai disagi.
La possibilità di mettere in discussione le nostre idee, apre nuove possibilità di risposta (response-ability) e apre anche da un un punto di vista neurologico nuove sinapsi, ci fornisce cioè modelli alternativi di reagire alla sofferenza che ci procura la vita o gli altri, partendo da come ce la procuriamo noi in base alle nostre convinzioni rigide, limitanti ed irrazionali. Quello che consegue spesso è un cambiamento dello stato emotivo; ci sentiamo sollevati dal momento che vediamo che come ci infiliamo in un vicolo cieco, ne possiamo uscire, che come abbiamo intravisto una risposta diversa ce ne possono essere altre, diventiamo abili al contempo al problem solving. Usciamo dalle nostre trappole e dalla nostra “mappa”.
CROCE E DELIZIA. Quando iniziamo a prendere l’abitudine a porre maggiore attenzione a quale linguaggio interiore usiamo, ne siamo progressivamente più consapevoli. Acchiappare convinzioni diviene un meccanismo automatico e se questo non basta a renderci felici, sicuramente imparare a gestire meglio pensieri ed emozioni, rende migliore la nostra vita. Questa è la delizia, la croce che poi croce non è, è la responsabilità che assumiamo verso noi stessi dal momento che comprendiamo quanto contribuiamo a star male e capiamo che se tanto dipende da noi, non tutto, ma tanto, dobbiamo per primo uscire dalla nostra tana: smetterla di dare tale responsabilità al mondo e agli altri. E come sempre significa spingerci di quelle colonne di ercole che tanto amiamo, ma che altro non sono, che la solita nostra sempre troppo comoda, confort zone.
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Rebecca Montagnino
BIBLIOGRAFIA
- L AUTOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA, A.ELLIS
- CHE ANSIA! A.ELLIS
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