PERCHE’ BISOGNEREBBE TORNARE A PAGARE LE FOTO.

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Posso guardare la foto di questo quadro di Klimt cento volte, ma non riuscirò MAI a riprodurre ciò che ho sentito quando stavo davanti. Non è una questione di fotocamera del telefono, se provo a descrivere le sensazioni, per quanto mi sforzo, non ci riesco, non posso trasmettere la commozione per la bellezza, l’effetto nel sangue alla vista delle sfumature dei colori degli alberi, un senso di pace, di quiete mentale e quasi spirituale per come Klimt li ha mischiati. Non credo arrivi se non nel ricordo il riallineamento interiore provato, che dal quadro si estendeva a tutto il mondo.

Non l’ho reso quel momento, lo so, nè a voi, nè a me almeno per come era in quell’attimo preciso, nella sua unicità. Guardandolo dal vivo sapevo che quel vissuto sarebbe passato, ne provavo già quasi nostalgia, ma non lo potevo fermare in una foto, forse lo potevo ancorare meglio solo nella memoria.

QUELLO CHE UNA FOTO NON DICE…Ci sono attimi e situazioni nella vita che trasportiamo senza nemmeno viverli, direttamente sulle foto, ovunque, come carnivori, tutto va inglobato, divorato, postato e digerito senza averlo assaporato. Quando vedo quelle manine intente a fare selfie in ogni dove, in luoghi della Memoria, davanti a quadri, ad immortalare il loro Ego che si erige ancor prima del quadro o del paesaggio e lo nasconde, che corrono a fare foto compulsivamente senza osservare e contemplare, provo una tristezza senza fondo. Per non parlare poi di come si inalberano, se qualcuno glielo vieta. Nemmeno davanti ad una richiesta gentile o ad uno spettacolo di danza in cui mettono persino a rischio l’incolumità degli artisti, si placano, la fotografia o ancor peggio il video, è un atto dovuto, ormai incondizionato e incontrollato.

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Da un lato sento lo spreco del non lasciarsi coinvolgere nella bellezza e dalle sue emozioni, dalle riflessioni come dalle sensazioni, dall’altra mi ferisce quest ‘abbrutimento umano ancor prima che intellettuale. Il presenziare tanto per ..alla ricerca di un piacere che arriva solo quando condiviso, riceve l’applauso dei seguaci.

ODE AL MOMENTO PRESENTE Così come non posso, nè potrò mai, per quanto dio sa se mi sforzo, riportare ciò che sento ad un concerto ( e dopo, e ancora dopo, e nei giorni successivi). So però che più sono connessa, tanto più quel momento resterà dentro me. La memoria è legata alle emozioni più che alle immagini; ci sembra di essere colpiti dalle immagini, ma solo in virtù di cosa ci suscitano.

C’è un abisso tra il ricordo, che è un eco di ciò che è stato, della mia voce interiore che gridava “quanto sono felice” o che mi sussurrava dolcemente davanti alla bellezza dei colori di un quadro, è un eco del corpo che vibrava, della musica che cercavo di afferrare tra le dita e dalle luci che mi arrivavano addosso. Il cuore non batte nel dopo, così velocemente, non sudo, non piango commossa alla stessa maniera, se lo faccio è magari proprio perchè sono consapevole della differenza e della mancanza di quella realtà. Non sapevo quale potenza avessero le Variazioni Goldberg, per quanto le conoscessi, finchè non sono rimasta seduta in un auditorium in trance per 80 minuti senza fare altro..

Ecco tutto questo un telefono e nemmeno l’intelligenza artificiale lo può dare. Per questo non lo uso in quei momenti, perchè non voglio perdere un secondo di quello che così esperito, non tornerà. Cerco solo qualche ricordo o qualche altra immagine che sia una foto che mi sa di foto, presa e richiamata da altro e spesso le faccio per mandarle ed ispirare l’amore per i viaggi e per le cose belle ai miei nipoti. Oppure le faccio per ricontattare la mia anima, come metadone nei momenti invernali di astinenza.

Voglio solo il presente, nemmeno pensare che passerà, voglio bere ogni goccia di piacere, raschiare ogni istante. Aspetto quel momento e quindi lo onoro, quel godimento è in fondo un ‘espressione intima di me stessa; perdermi quel momento fotografandolo, significherebbe disonorare ciò che sto vivendo e colui che l’ha creato con la musica o con l’arte o semplicemente la natura attraverso i suoi colori e i suoi odori e disonorare insieme, la mia parte interiore. Lo conservo nella memoria con gratitudine, consapevole della sua fugacità.

LA CONSAPEVOLEZZA E’ LA MIGIORE FOTOCAMERA ed è per sempre. La consapevolezza in realtà, trattiene molto più di qualsiasi gallery di qualsiasi ottimo telefono, ecco perchè bisognerebbe tornare a pagare le foto, sapendo che abbiamo un rullino solo a disposizione, scegliendo davvero ciò che vogliamo rivedere e portare con noi, ciò che vale la pena imprescindibilmente, immortalare. Se ne farebbero meno, meno simili, più significative, si contemplerebbe di più e ci sarebbero meno assembramenti di tristi fotografi provetti che non vedono e non sentono ciò che fotografano, ma che in compenso ostruiscono la visione dei luoghi agli altri. Rendendo quel posto qualcosa di “volgare”, inflazionato, quasi derubato dell’anima. Di lì ad un secondo quei tristi fotografi provetti siederanno a capo chino, sempre assembrati, a postare sui loro social, controllando spasmodicamente ogni minuto il numero di like ricevuti e autogongolandosi di autosoddisfazione. dimentichi che ci sono persone accanto reali con cui si potrebbe condividere, piuttosto che attendere una condivisione, spesso anche falsata e virtuale. Non so se vi è mai capitato di incrociare lo sguardo di qualcuno che sta apprezzando ciò che apprezzate voi e di scambiare un sorriso, ecco quello ha un sapore di condivisione profonda, anche tacita, da di un valore umano concreto.

Quel ricordo che già non era personale in partenza, nel senso fatto per amore personale, apparterrà alla Rete, quei luoghi e quei ricordi in quel passaggio avranno perso per sempre la possibilità di esser visti nella loro magia. I luoghi stanno diventando file di persone in attesa del loro attimo di fotografia, banalizzando l’esperienza.

Quando le foto si pagavano inoltre bisognava comprare un rullino che poi dovevamo portare a sviluppare creando un’attesa felice e dovevamo andarlo a riprendere, creando una sorta di euforica sorpresa. Purtroppo tutto ciò che non richiede un prezzo, anche un minimo impegno, perde di valore.

Se proprio sentiamo il bisogno di rubare quel momento e farlo nostro, riprendiamo a scrivere (non sul telefono possibilmente, vendono ancora credo quaderni e penne. Azione dello scrivere a penna che tra l’altro richiede la coordinazione dei due emisferi, nonchè il lavoro dei tre sistemi rappresentazionali, visivo, auditivo, cinestetico, se vogliamo aggiungere una nota scientifica), ma imprime il vissuto in modo più indelebile nella memoria e ci accompagna per tutto il corso della vita.

Richiede anche lo so, uno sforzo e del tempo in più, ma se quello che state vivendo ne vale davvero la pena…

Aggiungo infine una didascalia che mi colpì molto, alla mostra di un vero grande fotografo Don McCullin, per ricordare che la fotografia è anche questo.

Rebecca Montagnino

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