PAROLE
“Ascoltare è davvero pericoloso, significa sapere, essere informato ed essere al corrente, le orecchie sono prive di palpebre che possano chiudersi istintivamente difronte a ciò che viene pronunciato, non si possono proteggere da ciò che che si presume stia per essere ascoltato, è sempre troppo tardi”.
(Da “Un cuore così bianco“, Javier Marias)
L’ascolto, facoltà naturale dell’uomo, oggi viene insegnato attraverso esercizi e corsi. Perchè? Perchè nell’era della comunicazione abbiamo così tanta paura ad essere diretti, ora che la società si è evoluta e siamo liberi di esprimerci? Cosa ci trattiene?
Le orecchie sono sempre aperte, non hanno come la vista, la possibilità di ripararci e proteggerci da quello che non ci piace. Il problema non è quindi nella ricezione, tranne in caso di un deficit di udito, ma nel fatto che non si ascolta solo con quelle. Abbiamo paura di ascoltare perchè quando quell’idea, pensiero, emozione, è stata trasferita dentro di noi, quella frase, persino solo quella parola, va ad attivare un processo complesso. Le parole, che siano dette o non dette, generano sempre una conseguenza. La terapia di gruppo serve un pò anche a questo; la parola ascoltata ci rende comunque complici e ci fa scoprire un aspetto di noi che volevamo negare. A volte basta infatti una parola per svegliare la coscienza. La natura umana sceglie il bisogno di riconoscimento a quello di conoscenza e quando qualcosa che abbiamo ascoltato ci mette in uno stato di risonanza, qualcosa è entrato in noi, anche se opponevamo resistenza. Per questo, silenzi come discorsi, andrebbero pensati sempre per più di un attimo, prima di essere manifestati. Il problema è che se quell’attimo viene perduto o prolungato,il pensiero rischia di essere privato di una sua componente essenziale: l’emozione.
Abbiamo paura di dire ciò che pensiamo proprio perchè sappiamo che c’è una conseguenza emotiva alle nostre parole; ho reso noto qualcosa ad un altro, che non sono io. Da quel momento l’altro sa qualcosa in più, a cui può reagire. Ci siamo svelati nella nostra intimità, ci siamo cioè resi vulnerabili.
Alla carenza di ascolto di oggi, perchè ognuno pensa troppo a sè e troppo poco a quello che gli viene detto o lo identifica troppo in se stesso, abbiamo aggiunto la paura ad essere sinceri; tuttalpiù possiamo esserlo solo con la testa, razionalmente, cioè esprimere un concetto senza esprimere ciò che ci fa sentire. L’ego predomina, si sovrappone, si perde in sè, narcisisticamente. Preferisce aderire a quella parte che l’altro accetta di noi, rende la relazione rassicurante, priva di possibili conflitti.
Se esprimo i miei pensieri e le mie emozioni, se trovo il coraggio di mostrarmi, in realtà dò all’altro un segno di fiducia e genero fiducia a mia volta. Se voglio essere ascoltato, devo prima assumermi la responsabilità di ciò che dico, anche se rischia di non piacere.
La comunicazione tecnologica ha permesso che i pensieri si slegassero dalle emozioni, il ricevente non ci vede mentre rispondiamo, nessuno si permette di scrivere su un profilo, “ma tu non sei così”, nè glielo dice alla prima occasione in cui lo vede. Omissione non banale, visto che ci protegge dall’essere onesti. Mi viene in mente una delle frasi più belle di “Non buttiamoci giù di Nick Hornby” : –Passiamo tutti tanto tempo senza dire cosa vogliamo perchè sapiamo di non poterlo avere. E perchè sembrano robe rozze, o ingrate, o sleali o infantili, o stupide. O anche perchè siamo talmente disperati da fingere che le cose siano come devono essere , e sembra una mossa falsa confessare a noi stessi che non lo sono. Su forza, sputa, sputa cosa vuoi. Magari non ad alta voce, se c’è il rischio di finire in un casino.- Ma liberati, mi verrebbe da aggiungere. Se ti liberi, liberi me…
L’attenzione, a volte eccessiva al linguaggio non verbale inoltre, ha tolto dignità a quello verbale e le parole sono diventate meno importanti. La stessa letteratura lo è diventata, si è perso il ricordo di come certi autori sappiamo definire il mondo e definirci. Leggere aiuta a capire anche quello che non abbiamo vissuto, nè vivremo mai. In genere chi ama leggere, ama ascoltare, entrare nell’altro. Anche i nostri pensieri narrano, hanno una voce e saperla ascoltare, saperci comunicare, è il primo passo per accedere ad una comunicazione autentica. Può sembrare paradossale incitare a migliorare la comunicazione con se stessi, ma è fondamentale.
La parola è uno degli strumenti più potenti che abbiamo. Non dovremo dimenticarlo mai. Detta o ascoltata, la parola è un diritto inalienabile, anche se talvolta scomodo.
Avevo scritto in realtà questo post prima del 7 gennaio; rileggendolo oggi, non potevo non dedicarlo a chi, ha creduto nella libertà d’espressione e l’ha pagato con la vita.
Rebecca Montagnino
Uno dei più bei post che abbia letto, pieno di cose in cui mi identifico e che cercherò di fare un po’ più mie… O almeno mi sforzerò di farlo…
Difficile, davvero, aggiungere altre parole a quanto già scritto……
Dico solo: siamo coraggiosi, impariamo ad esserlo e se ci perdiamo cerchiamo di ritrovarci. Poche cose abbiamo che ormai ci distinguono dagli altri. L’era tecnologica ci ha reso sterili e vuoti, superficiali e senza anima. Siamo dei fantocci alienati ed omologati che camminano. La parola, che è lo strumento del “sentire”, lo strumento dell’anima, è in quanto voce del pensiero, è l’unico strumento che ci può contraddistinguere gli uni con gli altri. Fregatevene se verrete etichettati come polemici, continuate a dire ciò che pensate anche se gli altri non sono predisposti all’ascolto e comunque, per chi non se ne fosse accorto, o per chi forse ha fatto finta di non vedere, il 7 Gennaio sono stati uccisi delle persone, dei pensatori, che ancora oggi, in mondo malato e perverso, cercavano di esprimere in maniera, anche se poco convenzionale e scomoda, un’opinione.
La Francia, a differenza del nostro “bel paese” e della “grande” America, seppur ferita, ha saputo centrare il problema non fermandosi ad attaccare il mussulmano di turno, manifestando per la libertà di espressione sempre e comunque.
Abbiate il coraggio di ascoltare i vostri pensieri ed esprimeteli in parole.
Condivido molto ciò che scrivi e il modo in cui lo senti…è stato bello, nell’orrore, vedere così tanta gente manifestare, indignarsi ancora, non lasciarsi piegare dalla paura o dall’odio. Sarò di parte, ma il valore della libertà ce l’hanno nel DNA!!! Mi ha commosso e mi commuove vedere ancora voglia di esprimere la solidarietà…