MALEDETTA ZONA COMFORT
Parto da Wikipedia..spiega che confort è una sensazione piacevole puramente soggettiva, recepita dall’utente in determinate situazioni e serve ad indicare il livello di benessere percepito.
Significa quindi che non tutto viene filtrato da tutti allo stesso modo…la famosa mappa, il famoso territorio, eh??? Vi ricorda qualcosa?. Per chi ha poca memoria invece, rinfreschiamo i ricordi: il primo principio della PNL dice che la mappa non è il territorio, riferendosi alla soggettività con cui vediamo le cose (e le interpretiamo aggiungo io).
La deduzione è che la zona confort è dunque soggettiva e Wikipedia sempre aggiunge che il confort è l’assenza della sensazione di fatica muscolare. Interessante…
Si definisce “zona confort” in termini di programmazione neurolinguistica, quella zona psicologica in cui la persona si sente protetta, a proprio agio, ferma nelle proprie abitudini. A me viene in mente una grande, morbida poltrona su cui ci si stravacca guardando la tv e mangiando schifezze. Piace a tutti ogni tanto..fa sentir bene, pensate però se questo avviene ogni giorno. La persona stravaccata diventa pigra.
Ora riportate quest’immagine al vostro cervello. Anche la mente spesso entra in zona confort, quando preferisce non andare oltre, accettare quello che arriva senza spirito critico, seguire le solite sinapsi, (come la strada di casa), gli stessi ragionamenti, le stesse opinioni, le stesse modalità di ragionamento. Il cervello ha bisogno di essere concimato, arricchito, innaffiato di stimoli nuovi e prodotti nuovi ogni tanto (anche spesso in realtà non ci sono effetti collaterali).
Quando abdichiamo a cambiare, modificare, allargare i nostri orizzonti, smettiamo di far fruttare il terreno fertile delle idee e delle emozioni, ci copriamo con la coperta di Linus; il confor-mismo…:comportamenti abitudinari fisici e mentali che fanno sentire sicuri noi e gli altri, ci rendono poco prevedibili ma tanto affidabili (sebbene l’affidabilità sia altro). Perchè???? perchè è più facile..più comodo..più sicuro, ma tanto tanto rischioso.
Guardo il mondo fuori, troppo chiuso in se stesso e nel suo benessere per voler cambiare anche una piccola cosa, per rischiare le sicurezze acquisite, per evitare ogni ipotetico ostacolo. Ci sono milioni di zone confort intorno ad ognuno di noi.
Ma tutto questo confort non mi pare faccia bene al mondo, più che il benessere ha portato un pò troppo malessere ed è giunto il momento di uscir fuori da quella zona, prima che in quella zona restiamo imprigionati, atrofizzati dalla paura di vivere e di smuovere ciò che non ci piace ( e per morirci dentro anzitempo).
Lancio perciò una sfida…chi vuole mi può scrivere un modo che ha trovato per far un piccolo passo fuori da questa zona… anzi! lanciamo la” settimana del non comfort grazie, preferisco faticare…”
Rebecca Montagnino
leggo con attenzione queste parole e ogni volta mi conforto nell’aver scelto strade dissestate, piene di bivi e movimento. A casa mia non ci sono poltrone… che fortuna! Un divano da 2 per 4 persone, una televisione regalata, ma computer libri e possibilità di sviluppo e miglioramento personale per tutti!
In questo momento vi scrivo e, a parte l’ora, è l’1,49, ho un fortissimo dolore alla schiena che mi immobilizza e mi vorrebbe tenere ferma, con il corpo e con la mente, ma per fortuna non ho la “poltrona” e non mi fermo… Penso a quella pittrice messicana che nel dolore e nella sofferenza di una vita ha dipinto quadri ricchi di emozioni e passione, Frida Kalho; e mi dico che non posso assecondare il tentativo di rimanere dove sono e mettermi comoda.
Ho la poltrona virtuale dalla quale scappo e mi tengo lontana per essere viva, appagata e lucida con la ricerca e la scoperta.
Grazie Rebecca per le tue parole che mi fanno sentire comoda nella scomodità e in compagnia nell’anticonformismo.
Giuliana