Le convinzioni efficaci e l’importanza della pratica
Quanti di voi ricordano la “Legge dell’attrazione“? Oltre ad aver rappresentato un grande successo mediatico, forse la ricorderete per l’omonimo libro e documentario. Entrambi contribuirono a dare maggiormente attenzione alle convinzioni e alla loro influenza sulla nostra vita. Purtroppo la parte un pò magica e hype dell’argomento prese il sopravvento sul concetto di fondo, per cui sembrava bastasse “sognare” per creare il proprio futuro. Questa forma di pensiero magico chiaramente appariva molto facile da perseguire e incrementava una forma di delirio di onnipotenza narcisistica in cui “si può tutto se si vuole”, senza tenere conto delle variabili esterne e soprattutto del fatto che ci vuole magari IMPEGNO.
In realtà nella teoria si affermava che il pensare non è solo un atto della mente, ma un’energia capace di creare movimento dentro e fuori di noi. Molti scambiarono questo concetto scientificamente convalidato dalle neuroscienze, con il semplice fantasticare su cosa avrebbero voluto dalla vita, aspettando nel frattempo che la manna cadesse dal cielo. Ma le battaglie non si vincono mai stando su una poltrona, come si dice e il discorso era sicuramente più complesso e la sua applicabilità più faticosa.
Come esistono convinzioni che ci limitano e sono tante, ne esistono altre che ci muovono: non sono meno in quantità, sono meno usate. Lo sono perchè richiedono oltre ad un atto di consapevolezza, un atto fisico, un’esposizione, un impegno e come sappiamo uno sforzo per uscire dalla confort zone. E’ un fatto ineluttabile per ogni tipo di cambiamento e apprendimento: a qualsiasi buona teoria deve seguire sempre una buona pratica.
Perciò se non alimentiamo ogni giorno il nostro allenamento mentale e se non ci esponiamo al cambiamento comportamentale, attendiamo più che un cambiamento….. un miracolo!
LO SPORT E LE CONVINZIONI
Questa volta parto dallo sport per spiegare meglio l’importanza delle convinzioni efficaci e di come sia fondamentale metterle in pratica. Lo sport infatti rappresenta la combinazione di due tipi di allenamento: fisico e mentale.
Quando si analizza come lavora una mente efficace o come far lavorare la mente efficacemente, lo sport è di sicuro il campo che fornisce il principale modello di riferimento. Il modo di pensare degli atleti è usato per il modeling e il copiyng, per motivarci in qualsiasi tipo di azione. E gli atleti infatti non si limitano ad avere consapevolezza, a prestare attenzione al loro linguaggio interiore, lo praticano. Un atleta vero sa ascoltare i segnali del suo corpo, bilanciando la volontà con i suoi limiti, perchè conosce e sa dosare tanto i suoi limiti che le sue risorse.
Guardando all’atteggiamento mentale degli sportivi notiamo dei processi di pensiero efficaci, che possiamo copiare o modellare, riportandoli nella nostra quotidianeità se vogliamo raggiungere certi traguardi. Come pensano quindi gli sportivi?
1) Usano una doviziosa e costante disciplina per raggiungere i loro obbiettivi. 2) la loro vita si focalizza sul cambiamento 3) si allenano mentalmente e fisicamente ogni giorno, che faccia freddo, piova, che siano presenti fastidi fisici o meno. Lo fanno senza “negoziare” 4) imparano a tollerare la frustrazione quando il risultato non arriva subito e ritentano quando va male. 5) sviluppano nel tempo maggiore consapevolezza e resilienza. Qui di seguito un link sull’argomento
https://formazionecontinuainpsicologia.it/da-cosa-dipendono-le-convinzioni-di-efficacia-nello-sport/
IL COGNITIVO E IL COMPORTAMENTALE
La terapia cognitivo comportamentale e tutte le metodologie che ne derivano, è internazionalmente considerata ad oggi la tecnica di maggiore efficacia per la cura dei disagi psicologici. Quest’approccio vede una connessione tra pensieri emozioni e comportamento umano e si basa sull’assunto che molti problemi derivano da modelli disfunzionali di pensiero quanto dal loro mantenimento. Nata verso gli anni ’60 Con Ellis (fondatore della REBT) e AAron Beck ( tra i primi divulgatori del metodo e famoso per la cura della depressione) sostiene che gli eventi influenzano le nostre emozioni, ma sono soprattutto i pensieri e le conseguenti reazioni comportamentali che ne rafforzano l’intensità e la durata.
Nelle diverse forme di terapia, una volta che vengono riconosciute le principali modalità di atteggiamento mentale disfunzionante o gli schemi, vengono messi in discussione cercando di verificarne l’irrazionalità. Questo implica che tale esercizio venga fatto con una certa regolarità per modificare non un solo schema, ma l’ intero atteggiamento mentale che, schemi mentali ripetuti hanno contribuito a consolidare nel tempo. Accanto a questa “pratica” mentale vengono dati anche dei compiti o esercizi che hanno lo scopo di esporre la persona con gradualità nelle situazioni che gli creano difficoltà, cercando modalità di risposta alternative. Per questo la pratica è importante, permette di aprire nuove sinapsi e generare nuovi schemi di pensiero come di comportamento, che contribuiscono a migliorare la sfera emotiva.
L’importanza di quest’approccio e la sua crescente diffusione è perciò spiegabile con i risultati che produce; laddove teorie precedenti, magari più affascinanti da un punto di vista intellettuale avevano fallito, dà la possibilità alla persona di intervenire al suo cambiamento. Non solo, lavora sulla concretezza, superando il limite per cui la sola “comprensione” del proprio disagio non è sufficiente al cambiamento. L’allenamento o la pratica mentale e comportamentale rappresenta la ricostruzione di nuovi pattern che, abrogando i precedenti automatismi disfunzionali, riapprendono modalità più funzionali di risposta.
L’ACT. Avevamo già parlato di questa tecnica a proposito del libro Di R.Harris “La trappola della felicità”, ACT che tra tra l’altro si legge act proprio come atto/azione. L’ Acceptance and Commitment Therapy fa parte della “terza onda” della terapia cognitiva comportamentale. Si basa sulla Relational Frame Therapy (RFT), un programma di ricerca sul funzionamento della mente umana, in cui si individuano gli errori commessi dalle persone nel tentativo di risolvere i loro problemi.
https://www.stateofmind.it/tag/acceptance-and-commitment-therapy-2/
Alla base di tale teoria ci sono tre assunti importanti:
- la sofferenza umana è normale, fa parte della vita e pertanto va accettata
- di conseguenza non la si può evitare, si può però evitare di incrementarla con il pensiero
- si può vivere in base ai propri valori per star bene; per farlo occorre però cambiare prospettiva di vita.
- TENICHE USATE: L’ACT si avvale della MINDFULNESS per imparare a lasciar andare i propri pensieri senza valutarli e trattenerli. Attraverso questa pratica impariamo a vivere nel presente e a non vivere attraverso la lente deformata delle nostre convinzioni sul passato e sul futuro. Quello che sentiamo è perciò transitorio
- L’ACCETTAZIONE ovvero il non accanimento di disfarsi della propria sofferenza; questo in genere provoca solo maggiore amplificazione e conseguente nevrotizzazione. Il persistere nel pensare a ciò che ci fa male, sedimenta sempre più lo stato di sofferenza stesso; rimurginando perciò otteniamo esattamente l’effetto indesiderato di sclerotizzare il disturbo o il sintomo ancora di più. Accettare non vuol dire rassegnarsi passivamente, quanto diventare consapevoli di quello che possiamo e di quello che non possiamo cambiare e soprattutto imparare a lasciar correre tutto ciò che non possiamo.
- Infine sottolinea l’importanza di vivere in contatto con i propri VALORI, direzionando le nostre azioni per essere in armonia con loro. Vivere in linea con i nostri valori ci guida infatti e ci procura benessere. Per questo è necessario non smettere mai di farlo, anche quando stiamo male.
Uno dei problemi che troviamo quando ci vogliamo liberare di certi disturbi è che ci focalizziamo in modo rigido su di loro ottenendo solo un malessere maggiore. Quei pensieri e la condanna verso di noi per provarli, divengono quindi il nostro mondo mentale, in cui vaghiamo senza sosta alla ricerca di qualcosa che li espella magicamente. Accettare significa invece avere la capacità di lasciarli andare, non aggrapparcisi ostinatamente. Sebbene questo vada ri-appreso perchè siamo portati a fare naturalmente il contrario, è solo la pratica costante che porta al cambiamento prima e al miglioramento poi.
Il nostro Sè inoltre afferma sempre l’ACT, non è il disturbo, non siamo “il problema” come individui, il problema è un sintomo che abbiamo (es. è differente dire non sono capace, da non ho la capacità). Separa l’identità da una in-capacità, sottolineando l’ importanza delle parole che usiamo quando ci parliamo interiormente.
Se vogliamo imparare a carpire e debellare le nostre convinzioni limitanti non basta farlo all’occorrenza, come se un metodo fosse un pronto soccorso, deve diventare un atto automatico in grado di anticipare con il tempo il loro formarsi o per lo meno il loro sciogliersi al loro formarsi.
Molto spesso non vediamo cambiamenti perchè quello che sappiamo in teoria non basta a trasformare il nostro stato, se non viene poi praticato regolarmente fino a renderlo una nuova abitudine. Questo modello come il modello ABC di Ellis. sono due strumenti davvero eccezionali per il cambiamento, se solo vengono messi IN PRATICA.
Per imparare meglio a lavorare sulle convinzioni e per approfondire l’esercitazione pratica di questi strumenti, ven 19 alle ore 21 o sabato 20 alle ore 10, terrò un webinar sull’argomento: MENTAL ACTION
Commenti recenti