L’AMORE PER I CANI
“La vera bontà dell’uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il rapporto con coloro che sono alla sua mercè: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell’uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri. …
..Dal caos confuso di queste idee, sorge davanti a Tereza un pensiero blasfemo del quale non riesce a sbarazzarsi: l’amore che la lega a Karenin è migliore di quello che esiste tra lei e Tomas. Migliore, non più grande. È un amore disinteressato: Tereza non vuole nulla da Karenin. Non vuole nemmeno l’amore. Non si è mai posta quelle domande che torturano le coppie umane: mi ama? Ha mai amato qualcuna più di me? Mi ama più di quanto lo ami io? Forse tutte queste domande rivolte all’amore, che lo misurano, lo indagano, lo esaminano, lo sottopongono a interrogatorio, riescono anche a distruggerlo sul nascere. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l’amore) dell’altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza…
E ancora una cosa: Tereza ha accettato Karenin così com’è, non ha voluto cambiarlo a sua immagine e somiglianza, ha accettato in partenza il suo universo di cane, non ha voluto sottrarglielo, non è stata gelosa dei suoi intrighi segreti. Lo ha allevato non per trasformarlo (come un uomo vuole trasformare la sua donna e la donna il suo uomo)..e ancora: il suo amore per il cane è un amore volontario, nessuno ve la obbliga….
Se Karenin fosse stato un essere umano e non un cane, di sicuro già da tempo avrebbe detto a Tereza :”Senti non mi va di portare ogni giorno un panino in bocca. Non puoi inventare qualcosa di nuovo?”. In questa frase sta tutta la condanna dell’uomo . Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. E’ per questo che l’uomo non può essere felice, perchè la felicità è desiderio di ripetizione. Si la felicità è desiderio di ripetizione. “
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/amore/frase-125378>
Trovo queste righe, oltre ad un capolavoro di letteratura e di sguardo illuminato sul mondo delle relazioni, tra le più belle di Kundera. Mi hanno sempre fatto riflettere sul rapporto cane-padrone che vedevo già all’epoca della prima lettura del libro, più di vent’anni fa, un rapporto che progressivamente, dilagava e si intensificava emotivamente. Molto spesso, proprio per le motivazioni così chiare nelle pagine del libro, le persone preferiscono creare con il proprio animale domestico un rapporto quasi più viscerale che con gli esseri umani; un rapporto più facile, più fluido, che sostituisce quello con un amico, un amante, un figlio.
Il rapporto con il cane permette di soddisfare due tipi di necessità affettive fondamentali dell’uomo: il bisogno di essere amato e il bisogno di prendersi cura di qualcuno.
Non è un caso che aumentato il disturbo narcisistico, dove i sentimenti non si sentono o hanno difficoltà ad esprimersi, dove si cerca l’ammirazione e l’amore incondizionato, egoistico, più che la reciprocità, tale relazione abbia trovato una fertilità maggiore. Laddove l’impatto con le relazioni umane, spesso sofferte, difficili, travagliate, che richiedono la continua messa in discussione, sono fonte di destabilizzazione, il legame con il cane, permette quel tipo sentimento incondizionato e disinteressato, che appunto non può ferire. ( i cani vengono abbandonati, ma non abbandonano).
Ritengo che tale fenomeno sia molto pericoloso, non solo per gli esseri umani, che si chiudono in un invischiamento che esclude le difficoltà naturali di un rapporto tra simili, ma anche per i cani stessi. Vengono vestiti, trattati come persone, si richiede loro sempre più di rispondere passivamente alle stramberie del padrone, assumendo comportamenti quasi umani, che li privano del loro naturale istinto selvaggio. Non è un caso che non sentono più l’avvicinarsi un terremoto o che provano gli stessi disagi psicologi dei loro padroni; ne sono una testimonianza i corsi sempre più numerosi, di addestramento, di terapia individuale o di gruppo, di seminari.
Sarà quello che vogliono davvero, visto che non possono manifestare verbalmente il loro dissenso? Nè possono trovarsi un’altra casa o chiedere la separazione, persino i danni per tale privazione?
Quando esco con amiche accompagnate dai loro cani, che li portano a tarda notte in giro, in mezzo a folle di persone, o che li portano ovunque o che preferiscono la loro compagnia a quella umana, mi domando se il cane non preferirebbe starsene a casa a dormire e se realmente ha voglia di lasciarsi trascinare nei ristoranti. Spesso queste persone frequentano solo altre persone con cani, con cui si raccontano ogni minuzia, come fanno le puerpere con i loro figli.
Un cane non prova rancore, accoglie sempre, è l’amico fedele dell’uomo, laddove la lealtà tra simili sparisce e spaventa; più viene meno la fiducia tra le persone, più diventa necessario trovare forme alternative di dipendenza affettiva, con meno effetti collaterali e più garanzie di appartenenza. Non a caso il rapporto è tra cane e padrone, in nessun altro caso di relazione è ammissibile questo disequilibrio. Nessuno accetterebbe di essere amato in modo così dominante, nè accetterebbe di voler dominare in modo così totalizzante.
Purtroppo come sempre gli avvoltoi del consumismo hanno visto lungo già molto tempo fà e hanno favorito l’incremento di questo rapporto o di questa mania, promuovendo lo sviluppo di attività commerciali o di figure professionali che sfruttassero tale bisogno.
Non c’ niente di più tristemente narcisistico che sviluppare un legame con chi può solo dare, sempre e incondizionatamente, uno specchio di ammirazione e di amore infinito; infatti questo rapporto si estingue solo attraverso la morte dell’animale. Il cane non è più solo “ad-domesticato”, è diventato sensibile. Quell’anima-le è come se avesse assunto un’anima, per desiderio e necessità del padrone.
In tutto questo non c’è assolutamente poco amore per gli animali, che anzi difendo per il loro diritto ad essere trattati come tali, quanto semmai un’osservazione sulla malsanità di certi legami che alcuni padroni sviluppano con loro. Così come se un cane disturba non credo che l’abbaiare tutto il giorno sia un problema del cane, che si esprime semplicemente attraverso quello che è il suo linguaggio, quanto un problema del padrone, dell’essere umano che lo obbliga a vivere in case piccole o in balconi esigui, in luoghi che non sono il suo habitat naturale; o ancora che come un genitore poco assertivo, non sa educare il suo cane. Ma i cani, mi chiedo, devono essere davvero snaturalizzati dal loro ambiente e dalle loro abitudini istintive? E questo per un loro bisogno, o per un bisogno narcisistico dei loro padroni?
Rebecca Montagnino
BIBLIOGRAFIA:
– L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera
Quant’è vero. Allibisco sempre quando vedo che genitori che trattano i cani come figli e i figli come cani. Mi chiedo come si possa essere così ciechi da non riconoscere chi si ha di fronte. Che mai avranno fatto per ricevere un disprezzo così. Boh.
SE FOSSI UN CANE non vorrei avere un padrone che decide per me in tutta la mia vita, che decide quando e dove fare pipi, quando mangiare e anche quando e con chi “accoppiarmi”.
Rinchiudere un cane in un appartamento e fargli mangiare croccantini che gli daranno dipendenza e’ ESATTAMENTE COME RINCHIUDERE UN LEONE IN UNO ZOO, vale a dire togliere un animale dal suo ambiente per puro piacere personale. Ed il fatto di avere da mangiare “gratis” non allevia la prigionia
SE FOSSI UN CANE mi piacerebbe andarmene dove voglio, per strade e per prati girando il mondo con lo stesso rischio di essere investito ; vorrei mangiare quello che voglio e magari sgranocchiarmi qualche pollastro; vorrei correre dietro a tutte le cagne in calore ed accoppiarmi selvaggiamente; Insomma, per farla breve ABBANDONATEMI e ridatemi al mia liberta’ di animale senza obbligarmi a vivere una vita al fianco di chi ha bisogno di avere qualcuno che esegua i suoi ordini e che abbia il bisogno di sentirsi “buono” per avermi dato una casa e da mangiare