#solobagaglioamano!!!

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Quando l’altro giorno durante una seduta mi è venuta la metafora della mente come di un valigia, ho seguito l’ispirazione e sono andata a cercare nel web. Come avevo immaginato c’erano moltissimi articoli che correlavano il modo di fare la valigia alla personalità; chi aspetta l’ultimo momento e chi si appresta a farla con largo anticipo ad esempio denotano due identità completamente diverse.

In realtà la mia idea vedeva nella valigia il nostro modo di pensare; il suo peso o la sua leggerezza, il mettere il superfluo o solo il prioritario, riflettono il modo che abbiamo di riempire non solo un trolley, ma la nostra mente. Sono entrambi due contenuti che variano moltissimo (e ancora di più variano le conseguenze di questi) a seconda di come li riempiamo.

LA PREPARAZIONE. La maggior parte dei link sull’argomento iniziano facendo una distinzione tra due categorie, i last minute (-metto/butto ciò che capita due ore prima-) e gli apprensivi (-metto un pò alla volta certo così di non dimenticare l’essenziale). Su questi ultimi non sono del tutto d’accordo, ma questa è una pecca delle categorizzazioni che finiscono per abrogare le sfumature, che chi anticipi sia ansioso e basta. Credo ci sia un altro aspetto sotteso, che è il piacere dilatato dall’attesa. Pianificare (sappiamo quanto sia stato importante il non farlo per un anno e mezzo), è un processo che reca piacere all’essere umano. Nel preparare la valigia c’è già un assaggio del posto che si visiterà, si visualizza con la mente e si esperisce con il corpo quel senso di benessere. Pertanto aggiungere un calzino al giorno nel trolley, potrebbe anche significare degustare quel viaggio nelle sue più piccole anticipazioni. Sintetizza in qualche maniera ciò che intendiamo con la frase “non vedo l’ora”.

COSA METTIAMO DENTRO CI DICE MOLTO SU CHI SIAMO E SU COME USIAMO IL NOSTRO TEMPO. Al di là dei contenuti, secondo me un aspetto importante è come trattiamo il tempo. Riempire la valigia, come abbiamo imparato dai voli low cost, significa stabilire prima cosa ci servirà. Votati come siamo alla rassicurazione, sembra che in quei due giorni dobbiamo mettere il nostro intero armadio perchè tutto potrebbe servire e qualsiasi cosa potrebbe accadere; se da un lato questo sventa ogni pericolo di imprevisti che ci farebbero correre a cercare l’oggetto richiesto facendoci perdere tempo e soldi, dall’altro spostano la nostra attenzione su cosa sia davvero necessario ( e rassicurante) per noi. Assodato che a parte su un isola deserta la maggior parte delle cose mancanti può essere reperita o ci si può anche adattare (concetto che ascoltavo spiegare da una madre alla piccola figlia di recente, la quale si lamentava che i bagni pubblici non erano come quelli di casa..), quello che manca è la prospettiva futura, ovvero che per mettere del “nuovo”, devo lasciare spazio e togliere del “vecchio”.

Tornando alla metafora, se la nostra valigia è già piena all’andata, difficilmente (se non attraverso l’abbigliamento a strati nei bagni dell’aereoporto per passare indenni i controlli sul peso del bagaglio), potremo portare qualcosa di nuovo. Qualcosa che non serve tanto a darci i confort del momento, ma a richiamare un ricordo nel tempo. Diamo infatti nella valigia come nella nostra mente, un’importanza eccessiva alle cose a discapito delle esperienze. La differenza è che gli oggetti si usurano, pesano, si rompono, si deteriorano, mentre le esperienze in genere restano in eterno nei nostri ricordi e nel nostro “bagaglio” esperenziale.

LA MENTE E’ UNA VALIGIA. Quando nasciamo la nostra valigia è vuota, sono gli altri a farcela, come sono gli altri a condizionarci nel bene e nel male. Arriva poi un momento in cui cresciuti, scegliamo noi, cosa ci serve, cosa vogliamo. E che ci piaccia o no, è lo stesso che accade nella nostra psiche: in entrambe siamo noi a decidere cosa mettere. Ad entrambe diamo spesso l’alibi che dipende dalle condizioni esterne. No, siamo noi i padroni del nostro tempo, dei nostri pensieri, siamo noi in grado di stabilire che come un trolley pieno fa fatica ad essere trascinato (e quasi sempre ci malediciamo per il superfluo trasportato ), così affatichiamo il nostro pensare da ragionamenti complicati, pensieri rimurginanti.

La mindfulness in questo senso è uno “svuota valigia”. Sebbene lo snellire e semplificare, i pensieri ci fa muovere con maggiore disinvoltura, scegliamo troppo sovente la via impervia dell’overwhelming, farciamo la testa come la valigia di un numero eccessivo, inutile di pensieri e preoccupazioni. E’ davvero essenziale quest’oggetto? E’ davvero essenziale porsi questo problema e con questa intensità?

Oltre alla fatica e all’energia mentale che questo richiede, un aspetto ulteriore è che alla fine questi pensieri si aggrovigliano in tal modo che divengono difficili da districare, non se ne vede più l’inizio, la durata, il tragitto, con un conseguente senso di ansia e di pesantezza. Abbiamo difficoltà a sintetizzare come a lasciare certi vestiti a casa: la verità è che abbiamo difficoltà a lasciarci dietro le spalle certi pensieri. Il lasciar andare, alleggerire pare non essere più una risorsa facilmente accessibile dell’individuo odierno; l’attitudine prevalente è il riempire (basta anche pensare a quanto riempiamo telefoni e pc).

Come il pensare anticipatamente è un meccanismo di difesa per proteggerci, un meccanismo generato e che genera ansia e se ci dà il tenue senso di rassicurazione che avendo pensato al peggio, siamo preparati, crea in realtà uno stato di stress enorme alla mente.

Allo stesso modo avere tutto con sè, ci fa sentire perennemente il luogo “familiare”: ovunque andiamo, mettiamo e portiamo radici, il che se ci limita dagli eventuali problemi, ci limita nella capacità di adattamento e di avventura. Un esercizio utile ad alleggerire la mente? L’ABC di Ellis ovviamente!!!!

SI VIAGGIARE, MA EVITANDO LE CURVE PIù DURE.. Chissà se intendeva questo Battisti nella sua canzone! Siamo tornati finalmente a viaggiare e quest’esperienza così infinitamente bella ci riempie di gioia, di crescita. Persino le code in aereoporto ora hanno un loro fascino! Proprio per il fatto che ci è mancata l’amiamo ancora di più e se ci pensiamo un viaggio è anche una scoperta di noi, della nostra personalità. E’ un modo per andare oltre i nostri confini, le nostre zone confort, inghiottire stimoli, creare sinapsi, spalancare gli occhi.

Ricordo molti anni fa, un intervista a Vasco Rossi affermare a proposito del significato della sua canzone Stupido hotel, che andare in vacanza dovrebbe essere un’esperienza votata al cambiare, al giocare con la nostra identità. Spesso ci vestiamo fuori come non ci vestiremmo mai a casa, perchè difficilmente incontreremo qualcuno di nostra conoscenza; osiamo di più essere noi stessi perchè non temiamo il possibile giudizio altrui. La vacanza dovrebbe essere perciò un bisogno di modificare, alterare quello che siamo solitamente.

Quindi optiamo per il bagaglio a mano!!! E …mettendo vestiti nuovi, indossassimo identità non conosciute, potremmo osare anche avere pensieri nuovi e magari potremmo giocare ad essere “turisti mentali” persino nella nostra città o nel nostro quartiere. In qualche modo qualcosa che a che fare anche con il post precedente sulla meraviglia: sorprenderci invece che cercare sempre compulsivamente di essere sorpresi da “fuori”. Buon viaggio

Rebecca Montagnino

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