ERRARE HUMANUM EST: perchè è utile sbagliare
Può esser utile sbagliare. Detto così può sembrare paradossale, specie se consideriamo che sbagliare è uno dei verbi proferiti con più timore nell’era attuale. Stiamo attraversando infatti da molto oramai l’era del narcisismo e del culto dell’immagine, l’età del perfezionismo a tutti i costi unita a quella del sogno di raggiungere grandi obiettivi slow cost. L’era per cui non si può sbagliare MAI, in cui occorre sempre dire/fare/pensare la cosa GIUSTA – e se questo non avviene, è terribilmente intollerabile e frustrante ( anche un pò umano? ), …per dirla alla Albert Ellis.… L’autore delle Rebt (terapia razionale emotiva comportamentale), aveva già molti decenni orsono individuato le convinzioni assolutiste e doverizzanti che sarebbero diventate cibo per patologie ai giorni d’oggi.
Non sbagliare mai è diventato uno degli imperativi di questo periodo e di conseguenza un’ambizione nevroticamente costante, in grado di creare un carico di stress inutile e disfunzionale, non solo perchè non sbagliare mai è utopistico, ma perchè come diceva un vecchio e saggio proverbio “sbagliando si impara“. Se non proviamo, non sbagliamo ma al contempo non impariamo nulla di nuovo!
Eppure fare la cosa giusta e impeccabile pare essere una delle massime aspirazioni dell’uomo moderno, aspirazione che fiutiamo subito nasconde un impellente urgenza di accettazione se non di acclamazione, che provoca esattamente l’effetto contrario: chi è ossessionato dal non commettere errori in genere ne commette di più. Nella sua mente infatti la paura di sbagliare è talmente presente da creare l’azione opposta a quella che desidera.
IMPARARE DAGLI ERRORI SIN DA PICCOLI.
Come si fa a sapere di non sbagliare? Questa domanda mi viene posta spesso nel mio lavoro, ardua la sentenza. Nessuno possiede al momento una sfera di cristallo in grado di predire il futuro, si può solo ipotizzare e capire che quello che facciamo ha delle conseguenze, le quali sono prevedibili fino ad un certo punto. Ce ne possiamo (magari anche dobbiamo) assumere la responsabilità, questo si, ma non possiamo avere un pass che ne attesti il risultato.
Non solo sbagliare è umano, talvolta anche perseverare (per quanto in alcuni casi diabolico), serve a capire; come siamo fatti, chi siamo, perchè indugiamo in certi schemi. Capire che come li abbiamo appresi possiamo così disimpararli e impararne altri più funzionali, altri che non ci provochino danni ( e volendo non li provochino neanche a chi ci sta vicino). Si parla infatti di fare tesoro delle proprie esperienze, nel senso che solo vivendo e rischiando possiamo conoscerci meglio, arrivare a capire i nostri limiti, i nostri condizionamenti. Esperire aiuta a capire e a non ripetere ciò che non funziona. Quando eravamo piccoli ci leggevano le favole, le quali presentavano alla fine il significato dell’esperienza. Oggi quante volte ci chiediamo cosa ha significato questo per me, quante volte prendiamo dall’esperienza un insegnamento di vita????
Sbagliare serve ancora in modo serendipico a fare delle scoperte: osare, tentare strade nuove è un modo per innovarsi. Molte scoperte avvengono per caso e nascono da uno sbaglio proprio perchè presuppongono l’elemento accidentale. Se siamo troppo attaccati a non sbagliare, non ci esponiamo a nulla che sia estraneo e nuovo o che sia fuori dalla confort zone che conosciamo. Se imparassimo sin da piccoli quanto sia NORMALE sbagliare senza provare vergogna o rischiare anche se non si è sicuri di eccellere, probabilmente metà dei nostri problemi psicologici non esisterebbero e diverrebbe molto più facile accettare la semplice leggerezza dell’essere umano.
Nell’articolo linkato, che ho trovato molto interessante, viene fatta una distinzione tra experience e expertise, due termini inglesi che sottolineano due processi diversi dell’apprendimento. Il primo è dato dai feedback che riceviamo dalla nostra esperienza e che ci indicano i processi di causa- effetto, il secondo si riferisce alla competenza. La competenza si acquisisce a seguito della concettualizzazione che facciano dei risultati e delle strategie che adottiamo nelle nostre decisioni, attraverso cioè quello che Skinner definiva uno dei modelli di apprendimento, definito non a caso per prove ed errori (legge dell’effetto).
Questo significa che una serie di fallimenti possono essere funzionali e persino essenziali talvolta. Come diceva Edison : “ Non Ho fallito, ho solo trovato 10.000 modi in cui la lampadina non funziona”, diventato poi uno dei presupposti della PNL :”non esistono fallimenti, solo feedback“.
https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AE1w0hX
SE USIAMO SEMPRE LA STESSA STRATEGIA, NON IMPARIAMO NIENTE DI NUOVO.
Semmai aggiungerei rafforziamo solo ciò che già sappiamo, non sviluppiamo nuove sinapsi, nè nuovi comportamenti, nè tantomeno attiviamo nuove risorse o risorse inesplorate. Per questo è importante incoraggiare i bambini a provare, facendo comprendere loro che tentare non vuol dire riuscire, ma sforzarsi “a”. Si permette così di concepire la possibilità di sbagliare senza farne un dramma, creando in loro un’ apertura, un senso di sicurezza, per cui non è tanto il risultato che conta, quanto la capacità di sperimentarsi in qualcosa.
Sbagliare non è un segno di inadeguatezza, ma di umanità. Non vuol dire che è oro tutto ciò che fanno, in questo modo si elargiscono medaglie laddove non si hanno le competenze, con il pericolo come sappiamo di farli crescere con un forte ego ma con una fragile autostima. Non serve nemmeno denigrare i loro tentativi, perchè si rischia di commettere l’errore inverso, ossia di creare un super io eccessivamente rigido ed improntato alla ricerca della perfezione.
DOMINATI DALL’ILLUSIONE DEL CONTROLLO. Siamo dominati nella nostra cultura occidentale dal bisogno di controllo. Eppure l’unico controllo che abbiamo realmente, è limitato unicamente alla nostra risposta rispetto gli eventi: solo le nostre reazioni infatti sono gestibili. Il resto comunque non dipende solo da noi, esiste la variabile esterna e spesso ne esistono così tante che non possiamo neanche immaginarcele. Nonostante un anno e mezzo di pandemia la fame di controllo sembra non passare ancora, l’illusione che tutto dipenda da noi e dal nostro dominio sembra restia anche ai più forti vaccini.
In questo secolo schiavo delle apparenze e del bisogno di accettazione, troppo spesso le nostre mosse dipendono dall’idea che ci facciamo dell’impatto che avranno sugli altri. Non tanto per scopi altruistici, quanto per la paura del loro giudizio e ci intrappoliamo in ansie sociali che ci obbligano a cercare un’immagine troppo perfetta per essere reale, come ad evitare di toccare quella sensazione che pur fa tanto parte della vita; l’umana fragilità. In fondo dovremmo ricordare che errare humanum est
L’importante invece è incoraggiare , incoraggiare i bambini quanto incoraggiare noi grandi a cercare strade nuove, a consapevolizzare le nostre strategie così da non ottenere semplici risultati accidentali, ma processi che possono essere riapplicati. Costruire delle strategie decisionali in base alla nostra esperienza significa in qualche modo diventare saggi. Tenendo poi sempre a mente due elementi: la consapevolezza che comunque non siamo infallibili e il senso di responsabilità sulle conseguenze del nostro agire
Rebecca Montagnino
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