EDUCAZIONE AL RISPETTO
A volte più che di rumore, ho voglia di silenzio. Fermarmi, porre una distanza tra l’emotività suscitata dai fatti di cronaca e le riflessioni che seguono. Di rumore siamo invasi, corriamo il rischio di parlare per puro presenzialismo, se non per esibizionismo. Il passaggio alla spettacolarizzazione di cui i media ci riempiono, finisce con il distogliere l’attenzione, abbassando e ammutendo la sensibilità, se talvolta non la logica. Con il rischio ancora sempre in agguato, di trasformare un dramma di cronaca quotidiana in un folklore collettivo.
C’è una parola che echeggia troppo sovente: aggravante. Aggravante in gergo giuridico, è sia il futile motivo- come se ci fosse un motivo valido per uccidere- Futile significa solo, ulteriormente insensato. Reso più grave per l’efferatezza con cui viene commesso, o per un folle accanimento di violenza.
SENZA EMPATIA Se vi capita di leggere o ascoltare i rei non solo di femminicidi, ma di omicidi in generale durante le confessioni, colpisce il tono asettico con cui raccontano i fatti; provo di emozione, quindi privi di rimorso. Assenti di consapevolezza, di responsabilità e inabili di empatia. Come se a malapena capissero cosa hanno fatto ovvero la sequenza delle azioni commesse, ma non la gravità, la mostruosità dell’atto compiuto. Non c’ è emozione; c’è mi sono rovinato la vita, quasi mai gli ho rovinato o interrotto la vita.
L’ho distrutta a chi mi sta intorno, a chi stava intorno a lei o a loro e l’ho fatto per gioco, per sbaglio, per farmi vedere, per riprenderlo sul telefono. Perchè?? Perchè è così facile uccidere o fare del male, perchè è morta la capacità di comprendere prima le conseguenze delle proprie azioni su di sè e sugli altri?
IL RISCHIO DI GENERALIZZARE A seguito della morte di Giulia pare si siano accorti tutti che qualcosa non va; si propone di risolvere un problema complesso, senza capire bene quanto sia vasto e fragile il terreno su cui poggia l’ennesimo femminicida e comunque omicidio. Si lanciano crociate contro gli uomini, gli uomini tutti -come se tutti fossero rei di qualcosa solo per il fatto di appartenere al loro genere, creando quelle generalizzazioni esasperate a cui ci stiamo abituando da anni. Ancora con un altro rischio, quello di alimentare solo veleno.
Sicuramente è culturale la visione della donna- proprietà, l’assenza di rispetto e il senso di supremazia dell’appartenere al proprio genere. Fatti e parole lo testimoniano e sono ancora palesate ovunque; eppure questi uomini vengono educati da donne e sono ancora le donne che in alcuni casi accettano certe offese o certe relazioni, senza reclamare il diritto alla considerazione e alla dignità. Pur di tenere la relazione, pur di salvare l’insalvabile.
EDUCARE AL RISPETTOVERSO LE DONNE Bisognerebbe rieducare tutti forse, semmai sia possibile, tornando indietro dove il filo ha iniziato a spezzarsi.
Parlare anche nei fatti di cronaca di un’emancipazione femminile che molti uomini non sanno reggere, in cui non sono riusciti a tenere il passo; avveniva che mentre la donna diveniva più forte negli ultimi decenni, l’uomo mostrava le sue fragilità e i suoi limiti. Così restiamo sbigottiti davanti alla Cortellesi che serve a tavola, ma è davvero finita quell’era?
Si propongono corsi scolastici sull’educazione alla relazioni, ma mi domando se un’ora a settimana basti a far comprendere una situazione così estesa e introiettata. Si chiede rispetto da parte degli uomini, giustissima, ma forse dovremmo tutti rispettarci in primis.
EDUCARE A DIFENDERSI Chiederei di dare strumenti alle donne che facciano distinguere tra i comportamenti soffocanti e invadenti e un disturbo di personalità; che certe manifestazioni non sono frutto di un pazzo d’amore, ma di un pazzo. Che non sempre si tratta di un difetto caratteriale, quanto piuttosto di un problema psicologico difronte al quale non si può niente, se non tagliare e scappare.
RISPWTTARSI Educare a rispettare il proprio corpo, affinchè venga rispettato, senza usarlo per richiamare, fidelizzare, asservire. E’ finito quel tempo e questo in cui siamo non ci permette una libertà che vorremmo, esistono codici di cui non possiamo ignorare il significato e pericoli di cui non possiamo ignorare l’esistenza. Purtroppo. Pertanto non è un discorso se è giusto o meno, quanto se è pericoloso o meno, postare certe foto, accettare certi inviti, che ci piaccia o meno, che siamo nel 2023 o meno. E se fuori la visione della donna spinge ancora oltre verso confini estetici di perfezione, verso sforzi innaturali di piacere, capire che allo stesso tempo questi stessi la rendono più esposta e schiava. Allora una prima battaglia sarebbe proprio quella di opporvisi. Negarsi come oggetti, negarsi senza temere di restare senza quella persona, che fa male pù di quanto faccia bene.
Educare al senso profondo di essere donna, esibendo semmai la propria intelligenza, sensibilità, creatività, sviluppando un’assertività maggiore a dire no quando qualcosa non va incontro alla dignità, partendo dall’ educare i figli maschi e femmine allo stesso modo, senza ripetere ruoli e compiti stereotipati in un solo genere.
Sottolineare soprattutto che bisogna imparare a difendersi e prima ancora ad evitare certe situazioni. Spaventando senza dare strumenti per analizzare ciò che ci accade, fornire paura ma non difesa, può proteggere chi lo dice, ma non chi vuole vivere la propria vita. Educare alla parola che è la prima forma di rispetto e di difesa, alla parola che esprime i bisogni e i diritti quando vengono infranti, alla parola che serve per confidare e chiedere aiuto.
EDUCARE AD UN USO DIVERSO DELLA TECNOLOGIA Educare all’uso del telefono e della tecnologia perchè se un tempo una storia si interrompeva, oggi tra social e chat si continua a controllare l’ex, a farsi controllare, generando compulsione e invischiamento, alimentando paranoie e persecuzioni. Non finisce mai davvero quella storia, resta in testa, porta a spiare, diviene ossessione. Educare ad usarla e non ad esserne prigionieri, spie e spiati.
EDUCARE AL SESSO Educare al sesso, che si è sporcato negli ultimi anni di eccessiva pornografia, esulandolo dal suo lato romantico, dal desiderio che nasce dall’attesa, dal sentimento che innesca passione. E’ diventato altro, agito sempre prima anagraficamente, con sempre più rapporti, con sempre più partner. Perdendo di valore, di significato, poi di senso e per ultimo di piacere. Diventando così troppo spesso un sesso privo di tenerezza, violento, alimentato da immagini che dissociano il proprio corpo e il corpo dell’altro dall’Incontro.
Educare che il sesso non è performance, competizione, gioco perverso, riutilizzare un vocabolo in disuso, quello di fare l’amore, perchè in fondo dovrebbe anche e soprattutto essere quello. A costo di selezionare, aspettare, scegliere. A costo che non sia fuori dall’ordinario. Educare che è un atto libero, non fidelizzazione, nè sottomissione, nè iniezione di sicurezza, è una conseguenza del sentire, non una performance o una sfida
EDUCARE ALLA PAROLA Educare ad usare un linguaggio diverso senza insegnare a pensare in modo diverso, serve a poco. Insegnare che la parola è un diritto, serve a chiedere aiuto, a manifestare i propri bisogni
Richiedere parole e gesti che sembrano lontani nel tempo ma sono ancora vicini e necessari all’anima
LA DIFFUSIONE DELLA VIOLENZA E infine un osservazione che va oltre la violenza di genere: siamo davanti alla diffusione della violenza in generale; avviene contro gli insegnati, con le baby gang, con le riprese di follie e perversioni sui video, nelle case, nelle stazioni, per le strade.
C’è un qualcosa che lega i femminicidi con le reazioni violente nelle scuole, le armi prese in mano con una folle facilità, la violenza ovunque ed è l’incapacità di gestire un rifiuto, di tollerare una critica, un no, una regola.
Allora più che il patriarcato dovremmo analizzare quanto sia bassa e fragile la tolleranza all’essere respinti, come richiami un senso di fallimento ed una voglia di vendetta.
Vedere quanto sia suscettibile, nonchè pericoloso, l’Ego che non sopporta un no, che vive di paranoie e di reazioni che considera legittimamente adeguate alla situazione. Tanto più si percepisce grande, tanto più la reazione di violenza la percepisce giustificata. Nel momento in cui si percepisce ferito, umiliato, quando vede la sua impeccabilità non esser considerata, distrugge tutto, senza un minimo controllo.
Non c’è più posto per l’empatia, per la compassione, è perchè non c’è più il sentire l’altro, anzi non c’è più l’Altro, quanto un Ego pieno di sè, che si erge e domina, pronto a reagire aggredendo appena si sente sfiorato. Pronto a distruggere, persino a cancellare vite come viene mortificato se non ottiene ciò che pretende.
E per quanto mostruosamente e tristemente ce ne siamo abituati, è questo narcisismo dilagante e irrefrenabile che fa davvero rumore. Non è solo un problema generazionale, in cui il singolo è disturbato, ma una società intera ad essersi ammalata
Rebecca Montagnino
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