DESIDERARE IL DESIDERIO
“Fai il necessario per realizzare il tuo desiderio più ardente, e finirai col realizzarlo.” Beethoven
Cos’è il desiderio oggi? Prima di proseguire vorrei introdurre questo filmato di Galimberti dove partendo da una visione filosofica e psicologica, spiega come nasce il nostro desiderare
IL DESIDERIO NASCE DALLA MANCANZA Secondo Galimberti il desiderio nasce quindi da una mancanza; devo provare un vuoto per desiderare. Illuminante e pienamente condivisibile è perciò la riflessione su come il desiderio sia frutto di un’insoddisfazione e dalla sua conseguente volontà di realizzarlo. Si genera quindi da un forte bisogno e se fosse proprio l’impegno necessario a realizzarlo, come afferma Beethoven, il motivo per cui inibiamo il desiderio al nascere?
Nel momento in cui il bisogno è soddisfatto e il desiderio persino anticipato, come i regali natalizi per i bambini di cui svengono sommersi, il desiderio si estingue. Questo conferma il detto perchè chi è povero ardisce, chi è pieno in qualche modo languisce. La volontà si attiva infatti nei casi in cui il desiderio preme in modo più intenso: se non ho nulla per cui combattere, o da conquistare, non ho nulla da desiderare ardentemente. E questo concetto come vedremo, può estendersi ovunque, dal desiderio sessuale a quello per tutti gli aspetti della vita.
COSA DESIDERO DAVVERO?
Una domanda che potrebbe sembrare banale o di facile risposta, crea molto spesso confusione o di senso di vuoto. Che cosa voglio davvero? Cosa desidero? Per cosa sono disposto a muovermi? Verrebbe da rispondere che basta chiederselo, guardarsi e leggersi dentro per saperlo. Richiede un contatto con sè stessi, con i propri pensieri ed emozioni e come sappiamo non siamo più avvezzi a tali forme di introspezione.
Tuttavia questa domanda genera ansia; non solo non si sa cosa si vuole, ma si vuole, tanto, a volte cose opposte. Si ha troppo da scegliere, troppo da perdere e alla fine non si sa più cosa scegliere. Quindi la risposta diventa, il Nulla...Non desideriamo più perchè abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno (o potremmo averlo) e quando desideriamo non vogliamo davvero quello di cui abbiamo bisogno, come afferma sempre Galimberti. I nostri desideri dal momento che sono o sono diventati come beni di consumo, sono pilotati, condizionati dal gusto esterno, più che da un nostro reale sentimento.
La pubblicità e la moda, intesa su ogni fronte, ci dicono cosa dobbiamo desiderare, il contagio sociale fa il resto. Se poi questo desiderio installato dall’esterno trova terreno fecondo, perchè privo di un reale contatto con sè stessi e non è definito da un reale bisogno, si aggancia facilmente. Così i nostri valori, le nostre angosce spesso non dipendono da noi, ma da quello che ci viene inoculato da fuori, e che ingurgitiamo come nostro. Ma noi crediamo come lo fossero, reagiamo non distinguendo il condizionamento dall’autentico bisogno.
Come fanno i nostri comportamenti, pur dimostrando che i nostri bisogni vanno in una direzione, si attivano in un’altra. Questi atteggiamenti nascondo in realtà bisogni arcaici insoddisfatti e problemi irrisolti diametralmente opposti, i bisogno di contatto ad esempio può portare a mostrare un atteggiamento evitante. Come diventa possibile capire e distinguere i bisogni “nostri” a questo punto e i bisogni in generale?
DESIDERIO LIQUIDO “Lo scopo del gioco del consumismo non è tanto la voglia di acquisire o possedere, nè di accumulare ricchezze in senso materiale tangibile, quanto l’eccitazione per sensazioni nuove, mai sperimentate prima. I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni : sono collezionisti di cose”. Z. Bauman
Il rimpianto grande filosofo aveva indivuato questa situazione già decenni or sono, condensandola nella sua teoria della liquidità in cui il moderno capitalismo, quindi la riduzione all’acquisto di beni in modo incessante per appagare piaceri effimeri aveva trovato il suo seme. Da allora la situazione si è ancora più aggravata. La liquidità ovvero la ricerca immediata di soddisfazione, la facilità con cui quest’atto veniva compiuto, aveva trasceso l’oggetto, per arrivare al soggetto. In un’altra sua opera grandiosa Amore liquido, il concetto di liquidità veniva esplorato nei rapporti umani.
Le relazioni diventate come beni di consumo, egli afferma, vengono vissute, scartate e gettate con un facilità dis-umana, lasciando sensi di vuoto e di incertezza. L’amore liquido è un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame. Nel momento in cui soddisfo sono già mentalmente protratto a pensare quale sia la cosa che voglio subito dopo. Inoltre in un’epoca dell’usa e getta, le relazioni divengono subito fonte di noia appena viene toccato un minimo di frustrazione. E i social non fanno che evidenziare e aumentare la facilità di cancellazione e la sostituzione dell’altro quando si fa scomodo.
Quando un compito è difficile lo definiamo noioso infatti e cerchiamo altrove il nuovo, il più facile. Per quanto siano passati decenni dalla nascita del concetto di liquidità, la rincorsa all’appagamento fast food è dilagato, con conseguenze su relazioni volutamente disimpegnate e sulla morte del desiderio stesso. Non si può desiderare qualcosa che dura troppo, che affatichi; oltre l’estinzione dell’appetito, non se ne può tollerare la noia o la sua imperfezione, dovuta alla sua più approfondita conoscenza. Anche se è la vita stessa ad essere così, anche se fa parte dell’imparare a vivere.
OGNI RINUNCIA E’ UNA PERDITA Ogni impegno e’ una fatica, come pure ogni desiderio. Perchè implica la responsabilità della scelta. Già André Gide aveva osservato che “scegliere è privarsi”, privarsi cioè delle infinite possibilità non scelte.
Nel contemporaneo cittadino liquido questo dilemma crea ansia: cosa scegliere? Come si fa a sapere che domani lo vorrò ancora, non o vorrò più? Se è la scelta giusta, migliore? Se è una scelta approvata dagli altri? Gide in anticipo su Bauman aveva avvistato l’ansia di dover rinunciare a qualcosa ogni volta che siamo portati a scegliere. Questo senso di perdita non ancora conclamato come perdita reale, porta con sè i sentimenti del lutto in anticipo.
Quindi se tutto annoia, tutto porta ad una bassa tolleranza, è inoltre perchè richiede un minimo di impegno; non c’è approfondimento nella vita che non lo contempli. Dalla cultura, alle relazioni, al mangiare sano, al lavoro su di sè, ogni cosa impegnativa richiede un lavoro. Ma questo è anche il secolo della pigrizia, dell’ozio fine a sè stesso, della noia che nasce ancor prima di aver vissuto. Si è disincantati ancor prima di esperire; l’idea con cui si cresce infatti è che tutto debba essere facile, veloce e senza tensioni o fatica.
Gli incontri perciò devono essere ad hoc, no perditempo, no rifiuti, per questo ci sono le app: la cultura richiede troppo lavoro, per questo ci sono le info sul web!!! E la profondità viene meno nei rapporti (basta un msg per sincerarsi che l’altro esista), come nei concetti, nei ragionamenti e soprattutto nello scomodo sentire. La fluidità e la superficialità soppiantano la approfondimento. E se questo sta portando ad un pericoloso impoverimento mentale, emotivo, sociale, culturale?…
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LA MORTE DEL DESIDERIO. Così è stato minato persino il desiderio sessuale. Se prendiamo il Romanticismo in cui il desiderio forse era Tutto, forse persino troppo, osserviamo che con il tempo il periodo del desiderio e del suo soddisfacimento si è sempre più assottigliato, fino ad arrivare ai giorni d’oggi dove forse non esiste più quel lasso di tempo, fino al suo scomparire. Si sostituisce e lievita piuttosto il capriccio al posto del desiderio; effimero, fuggente, passeggero.
Il sesso diviene altro, nel senso che perde il suo significato di ricerca di piacere (o del piacere unicamente orgasmico): come sentirsi rassicurati del proprio valore, esercizio di scarica pulsionale, ampliamento del proprio CV …ma il desiderio, l’attesa, la privazione, i dubbi dove sono? Il desiderio è la fonte del piacere, è l’immaginario; Eyes wide shut insegna. Vi ricordate il film? Più che l’atto, è la narrazione interiore del desiderio che diventa pulsione e ricerca. di estinguere la separazione attraverso il soddisfacimento. Prendiamo gli amori sospesi o quelli non vissuti del tutto, sono quelli che restano nel tempo, situazione di cui tutti siamo stati testimoni. La non soddisfazione non ha estinto il desiderio.
Se quello che voglio invece è alla portata di un click, si esplica velocemente senza aver fatto perdurare quella smania, quell’attesa, quella chimica, quel pensiero, quel desiderio.
La possibilità che non resti nemmeno un ricordo in questo quadro, diviene facile quanto lo è la delusione inevitabile. E forse non è noia, difficoltà, ma un semplice non saper tollerare la tensione della mancanza, quella” bella”, quella che vuole appagamento. Non ci resta allora che tornare a desiderare il desiderio stesso.
Rebecca Montagnino
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