Dalla parte del paziente…
Leggete l’articolo….
Quanti di voi si ritrovano descritti in queste situazioni? A quanti di voi è capitato di girare medici, fare esami, ripeterli all’infinito senza che si trovasse la causa? Purtroppo sento quotidianamente presentarsi episodi simili; probabilmente oggi un medico vive più di un tempo la pressione della possibile denuncia, ha troppi pazienti, è oberato di richieste, di messaggi ansiosi, il che comunque non giustifica. Non basta dire che il sistema sanitario non funziona.
Talvolta i medici peccano di attenzione, non ascoltano, non credono a ciò che li si dice e chi non ha la conoscenza medica, si ritrova impotente e disperato. Alcuni si fanno persino pagare la visione delle analisi, senza poi ricordare il viso del paziente in questione.
La mancata diagnosi non può che condurre alla diagnosi fai-da te sul web, cosa sbagliata in generale, ma soprattutto in questo campo perchè non avendo le basi di medicina, i sintomi aumentano paure ed ansie. A chi domandare allora se avere un appuntamento richiede tempo e se la salute è un bene per cui a volte il tempo perso è prezioso, non tutti possono permettersi il privato sociale e quindi si finisce con lo spendere quantitativi esagerati di soldi alla ricerca di un medico bravo. Ovvero qualificato, competente, possibilmente scrupoloso, affidabile ed umano.
La maggior specializzazione porta, se non gestita bene, a non avere una visione globale della persona. Si vedono i dettagli, ma si rischia di perdere di vista l’insieme, quando questo potrebbe dare indicazioni importanti per la diagnosi del malato.
Paziente significa colui che soffre ( da pathos), dottore colui che insegna, tra queste due definizioni purtroppo è vera spesso, solo una. Per questo vi ritrovate nell’articolo; ne parlava già anni fa Nanni Moretti nel suo film Caro diario, in cui raccontava la sua esperienza di girovago tra le varie specializzazioni mediche per ottenere una diagnosi.
La salute non è solo un bene prezioso, è fondamentale. Se la prevenzione è cosa santa e giusta, non lo è il moltiplicarsi all’infinito di esami che ci fanno sentire im-potenti e di stare in un tunnel senza fine. Esce fuori sempre altro, c’è sempre qualcosa che devia in altri campi e crea quindi destabilizzazione ulteriore. Mai nessuno disposto ad ascoltare, quando anche a capire, magari a fare una diagnosi. C’è un divario enorme tra il “sapere” dei medici, il loro linguaggio e l’ignoranza dei pazienti, intesa come non conoscenza. E il medico in questo senso ha un potere quasi assoluto, detiene la verità, la nostra salute e quindi la nostra vita.
Per cui il il paziente si sbatte “pazientemente”, in ospedali, in dipartimenti introvabili dove nessuno gli fornisce informazioni; il solo chiedere indicazioni viene avvertito già da chilometri come un inutile fastidio, in attesa poi per ore, per avere una visita una di dieci minuti, a volte senza uno sguardo o una spiegazione, senza aver fatto un passo in avanti. Se si esce da quelle stanze che va tutto bene, il sollievo non è per la non malattia, (almeno in quel settore dettagliato non c’è nulla), è l’aver evitato la trafila, esser scampati alla preoccupazione che cresce, perchè la fine di quel tunnel sembra non arrivare mai.
Quanto influisce tutto ciò sulla salute psicologica quindi immunologica, neurologica, cardiologica e quant’altro del paziente? Quanta ansia, depressione tutto ciò scatena?
Dove il paziente attende che il medico scriva al computer la sua anamnesi più tempo di quello che gli occorrerà per visitarlo, attende le telefonate, i messaggi (ma allora ogni tanto a qualcuno rispondono?), a volte senza mai esser stato toccato . E’ questo divario, questa mortificazione continua, questo non esser ascoltato, creduto, inquadrato, che fa male.
La genialità del Dottor House sta nella capacità di andare oltre, di guardare acutamente e carpire particolari essenziali. Sarà pure cinico, ma passa la notte a mettere insieme i pezzi, le informazioni, lo fa con uno staff usando il problem solving. Per questo è simpatico perchè è il Medico che tutti vorremmo avere, diretto e cinico che sia, è comunque efficace e risolutivo. Forse è vero che ama più la sua materia che il suo ruolo, ma è anche vero che continuare ad amare la nostra materia ci rende buoni esecutori verso i pazienti. Questo serve davvero per svolgere la nostra missione al meglio: sapere insegnare nel senso di saper tras-mettere la nostra conoscenza, di cui non siamo altro che semplici strumenti, per aiutare e curare chi soffre.
Rebecca Montagnino
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