Balance: un esempio di consapevolezza dalla mindful eating

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Da un pò di tempo riflettevo su due cose: la prima, che la traduzione della parola equilibrio in inglese è balance. Mi piace l’immagine che dà, perchè rende l’idea: una bilancia che si assesta fino a trovare il peso giusto, che può soppesare, quindi portare più in alto o in basso o pareggiare due situazioni, concetti o scelte. Mi piace perchè ho sempre visto l’equilibrio non come una linea retta, quanto come una curva da assecondare. Durante i primi anni di università ricordo che facevo questa metafora dell’equilibrio: lo percepivo come l’esperienza di andare in moto dietro a qualcuno. La tendenza infatti a restare dritti in curva che sembrerebbe la più logica, è in realtà la più sbagliata da un punto di vista della fisica e della sicurezza..la curva va assecondata. Un pò come avviene nella vita. Per quanto conduciamo noi, scegliamo noi la direzione, dobbiamo anche saperci ” piegare ” quando il momento lo richiede, come in moto. L’equilibrio è una forma di adattamento tra il nostro baricentro e il mondo esterno. Chi ha fatto danza o pratica il pilates ha una propriocezione del punto di equilibrio interno ben formata e sa anche quanto questo venga influenzato dall’equilibrio psicologico, infatti le due forme di bilanciamento fisico e mentale spesso vanno in parallelo.

La seconda cosa a cui riflettevo è una domanda che frequentemente sento farmi, riguardo anche a temi diversi; le persone mi chiedono dove sia il limite tra il lasciar andare un pensiero o una relazione, il persistere in un sentimento di tristezza o nel pianto e quando invece mettere un punto al proprio sfogo. Non credo esista purtroppo o giustamente una risposta, semmai esiste una risposta soggettiva, un senso personale di equilibrio tra le due parti che si acquisisce con l’esperienza.

Come facciamo a capirlo scriveva Claudio Bellotti in un post nella sua bacheca qualche settimana fa? Attraverso la consapevolezza. Ho immaginato una scena al ristorante in cui scorriamo il menù, la prima scelta è di pancia, in tutti i sensi. La seconda a volte è una mediazione tra altri fattori di scelta più razionali, tipo cosa abbiamo mangiato ieri, cosa ci fa male. La decisione finale se consapevole, basata perciò sul piacere e la razionalità, in genere rende felici testa e pancia. A volte la stessa testa ci potrà dire “fai bene a farti un regalo, lo meriti”, “conceditelo”. A volte sarà la stessa pancia a dirci “non ne voglio, anche se mi piace…” Come a dire che un altro sinonimo per equilibrio sia armonia tra le parti.

Ed ecco che mi è arrivato in aiuto qualche settimana fa quest’articolo della psicologa Teresa Montesarchio della quale sto seguendo il corso di mindful eating. Con molta semplicità prendendo l’esempio dalla sua gattina, ci parla di come il senso di sazietà per gli animali sia qualcosa di naturale, istintivo, come lo è per un bambino molto piccolo. I condizionamenti genitoriali, i fattori tempo, i condizionamenti sociali e culturali ci allontano da quella sensazione che in fondo è fisiologica prima ancora che mentale. Nasce dal sapersi ascoltare e la popolarità che sta avendo la pratica della mindful eating, proviene forse proprio da questi bisogni basici che abbiamo smarrito: la nostra consapevolezza interiore, il sentire il nostro centro di sazietà o di fame non solo fisica, ma anche emotiva. E questo chiaramente vale un pò in ogni campo.

https://formazionecontinuainpsicologia.it/mindful-eating-riconnettersi-corpo/?utm_source=mailup&utm_medium=email&utm_campaign=Mailup

Siamo portati a cercare per facilità di scelta la posizione su una polarità, è giusto o sbagliato, fa bene o fa male, è bianco o è nero. Molto più difficile è mantenere la posizione dell’equilibrista tra questi due punti, molto più faticoso e anche “rischioso”. Spesso non si fa parte nè del gruppo dei secchioni, nè di quelli casinisti a scuola o nella vita, non si appartiene ad un gruppo estremo. Diventiamo di difficile lettura per gli altri e noi sentiamo di non appartenere ad un gruppo, non sentendoci protetti e riconosciuti. Se non sentiamo appartenere ad una posizione ben definita, ci percepiamo smarriti. In fondo riflettendoci, la personalità è proprio la ricerca della nostra originalità e unicità.

Sarebbe più facile forse, anche se con il tempo diverrebbe noioso e limitante, se la vita fosse o bianca o nera, se ci mancasse la facoltà di sentire e di volta in volta scegliere cosa sia più funzionale per noi in quel momento. La verità come si dice sta spesso nel mezzo, in between …in tutta quella varietà che esiste tra un estremo ed un altro. Sta nell’equilibrio appunto .

Rebecca Montagnino

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