AVERE PIU’ TEMPO…
Ho trovato nelle mail proprio ora questo verissimo e bell’articolo dall’Ordine degli Psicologi che vi inoltro..credo che ci riguardi un pò tutti..Prendetevi del tempo per leggerlo e per farlo…Buona lettura
Tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato’, dice Gandalf ne Il Signore degli Anelli. Una formula pulita, un monito chiaro e semplice. Tutti lo sappiamo, tutti parteggiamo per l’evidenza di questa verità e tutti (se ascoltiamo fino in fondo) sospiriamo. Il Tempo si gioca con l’Amore la quantità di frasi ad effetto che gli è stata dedicata. Sappiamo che è la più preziosa e la più deperibile delle nostre risorse. Che ci pone di fronte alla più essenziale e scarnificata natura della nostra esistenza. Sui social rilanciamo il video del Presidente Mujica in cui ci racconta del paradosso del tempo che passiamo ad accumulare beni che non annovereremo tra le cose che ci hanno reso davvero felici, esultiamo per la civilissima Finlandia, dove ci era parso che la neo ministra Sanna Marin avesse avanzato la proposta di ridurre le giornate lavorative senza tagli sugli stipendi (non era così, la Finlandia continua ad essere civilissima, ma abbiamo virato su argomentazioni legate alle energie sostenibili). Insomma, tutti vorremmo più tempo libero da dedicare ad altro che non sia il lavoro, ma rimandiamo come si rimanda la dieta al lunedì. A che latitudine rimandiamo? In che universo rimandiamo? Lo psicologo John Lynch, PhD alla Duke University, afferma di avere un “difetto fatale”: dire “sì”. Quando gli viene chiesto di svolgere un compito che richiede molto tempo, che è abbastanza lontano in futuro – che si tratti di presiedere una commissione o di rivedere un articolo di giornale – egli, come molte persone, pensa: “Certo che sono occupato oggi, ma entro il mese prossimo avrò un sacco di tempo.” Ora Lynch, e il suo collega Gal Zauberman, PhD dell’Università della Carolina del Nord, hanno trovato la prova che la maggior parte delle persone è vittima di tali pensieri e hanno anche scoperto che questo è più vero per il tempo che per il denaro. Pensiamo che avremo tempo libero, aspettiamo le vacanze, rimandiamo. La risposta più facile, perché vera, è che abbiamo troppi impegni prescritti e inderogabili per prenderci del tempo libero, il famoso tempo da dedicare a se stessi, che tutte le persone stressate si sentono raccomandare dagli amici, dalle mamme o dagli analisti. Insomma, dobbiamo lavorare. Sebbene una disamina critica della work addiction ci dice che la dipendenza dal lavoro non è un costrutto nuovo né compatto, è senz’altro vero che ci sono alcune variabili che favoriscono in questo periodo storico la tendenza ad abusare del tempo lavorativo: la maggiore precarietà del lavoro, una cultura diffusamente orientata alla performance, la disponibilità ad essere costantemente connessi implicata nello sviluppo delle nuove tecnologie. Insomma, chiudere tutto, non leggere le mail e dedicarsi ad un hobby sembra un po’ una cosa d’altri tempi e spesso non è possibile farlo senza sentirsi in colpa. Ne possiamo ridere, ma la definizione delle caratteristiche che indicano il maniaco da lavoro ci riguardano più di quanto vorremmo ammettere: compulsione, comportamento preoccupato, perdita di autocontrollo e impegno continuo nel comportamento nonostante conseguenze negative.Ci è difficile pensare che potremmo fare diversamente? Che forse, con un impegno progressivo e volontario, potremmo allentare questo nostro costante affannarci? Sembra grottesco, ma rallentare ha i suoi costi. Nel tempo delle vacanze, basti pensare alle ferie natalizie o alla pausa estiva, non è raro che le persone percepiscano sentimenti depressivi. E’ quella che si chiama ‘anomia’, uno spazio senza codici prescritti, in cui si sperimenta un sentimento di vuoto. Vuoto di attribuzioni, vuoto di funzionamenti appresi, vuoto di abitudini che riempiono, vuoto di attese che gli altri proiettano su di noi. Non è un caso che, se abbiamo del tempo, finisce che non lo utilizziamo davvero per le cose su cui fantastichiamo quando il tempo non lo abbiamo (dedicarci ad un’attività creativa, ad esempio) ma spesso sprofondiamo in un limbo pigiamico che non è soltanto il sano e necessario riposo: letteralmente non sappiamo cosa fare, ci sentiamo scarichi e demotivati. Quasi quasi preferiremmo avere una mail di lavoro da leggere. Insomma, dedicarci del tempo di qualità, del tempo di senso, è un processo non necessariamente spontaneo, ma su cui varrebbe la pena allenarsi. Addentrarci nel vuoto di impegni senza angoscia, provare a sintonizzarci su altri immaginari di noi stessi, chiederci quali sono le nostre passioni e muovere il primo passo per dedicargli attenzione. Essere troppo stanchi non è motivazione del tutto vera: fare cose emozionanti non è solo dispersione di energia, è anche ricarica. Per i procrastinatori impenitenti: se siete anche ritardatari, qui c’è una dedica personale per voi. – |
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