TRA PERSONALITA’ E CARATTERE….

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Anni fa lessi  un aforisma molto bello, credo che fosse di un autore dell’ottocento di cui purtroppo non ricordo il nome, il quale  esprimeva  la differenza tra personalità e carattere, dove l’una si sviluppava nella solitudine, l’altra tra la gente.

E’ infatti nei momenti di riflessione con noi stessi, nella lettura, nel mettere in discussione ciò che pensiamo, nello sviluppare un’apertura sensibile verso le cose, nel  lasciare che un’emozione salga e ci travolga, che penetriamo  nella conoscenza della nostra personalità…senza distrazioni o intrattenimenti che servono solo a riempirci e ad allontanarci da noi stessi.

Il mese scorso è apparso su una rivista di psicologia a larga diffusione, un articolo che sminuiva i danni che il Disturbo Narcisistico di Personalità (DPN) provoca. Ora sarà pur vero che la scienza ha il dovere di informare il pubblico sulle diverse tesi di un problema, anche quando sono contrastanti, ma poi mi domando, se così non si corre il rischio che il pubblico scarti parte della notizia scomoda e tenga invece la caramella che fa tanto bene. Sarebbe come dire che hanno scoperto che il fumo sì nuoce alla salute, ma che al contempo innalza i livelli di sicurezza personale. Ho sempre avuto paura delle cose che vengono ritenute più facili di quelle che sono, purtroppo fanno viaggiare abbagliati dal sole.

Mi fa paura perchè in realtà  vedo aumentare quel fenomeno, quando assisto in tutti i sensi al dolore che suscita, all’infinità di rimorsi e rimpianti che le persone si portano dentro, ai tentativi di razionalizzare, di fuggire, alla sofferenza che resta in coloro   che cadono e si attivano in quei meccanismi. Non a caso  R. Filippini parla di trauma da narcisismo..Spesso anche nel corso di una terapia,  i pazienti mancano di quella normale capacità di differenziare i tratti del loro carattere, da quelli che sono i tratti  disturbati del carattere.

La loro personalità si forma talmente tanto sul senso di approvazione che ricevono dall’esterno, da diventarne vittime, come diceva Kurt Cobain ” Mi compongo di frammenti di personalità altrui per costruire la mia”. Pertanto sviluppano un abilità, che non è quella empatica, a captare nell’ambiente informazioni preziose su come muoversi, essere accettati, brillare. Questo a discapito di un Io unico, integrato, autentico, in quanto fanno loro gusti, convinzioni, linguaggi, modi di vestire, persino emozioni che sono più convenienti in quella data situazione o ambiente. E tutto questo  inconsciamente.

O peggio finiscono con il crearsi un personaggio sociale anche piuttosto funzionale.

Persino in terapia sono pazienti difficili, come lo stesso G.Gabbard li definisce. I risultati che ottengono, vengono spesso confusi con quello che per loro è  il parere o l’aspettativa dell’esperto,  o per far bene ed essere bravi. Per cui raggiunto un certo livello, fuggono. La stessa intimità terapeutica, che altro non è che l’introspezione, li spaventa.

Quello che diventa più ostacolante  è che se la lettura del loro vissuto non coincide con quello che si aspettano, oppongono delle resistenze faticose, perchè la vivono come una critica. Come se lo scopo della terapia non fosse prendere consapevolezza, quanto il sentirsi alla fine confermati e rassicurati nel loro modo di essere

In genere per operare una scelta seguiamo un processo che è prima emotivo -di pancia-  o sensibile e in seguito formuliamo un pensiero  al riguardo. Questo non avviene in chi soffre di DPN : la capacità di sentire ridotta, resta  loro solo la seconda parte, ovvero l’aspetto razionale. Di conseguenza le scelte vengono deviate da altri parametri, come il bisogno di approvazione, il peso del giudizio altrui e del senso di responsabilità, il bisogno di piacere sempre, a tutti i costi.

Non è qualcosa che può essere preso alla leggera, perchè come un raffreddore non curato può portare alla polmonite, un disturbo del genere può portare danni molto gravi a livello individuale, nonchè sociale.

Ancora, è un disturbo molto più diffuso di quanto si pensi. Come i pazienti ansiosi presentano sintomi molto simili tra loro e talvolta coincidono persino le parole che usano per spiegare il loro stato, nel caso del DPN i pensieri, le situazioni  o trame che creano non solo sono di più, ma sono quasi  identiche. Ricordiamo infatti che questo disturbo è presente soprattutto e quasi unicamente nelle società occidentali, non è quindi solo un problema che origina nel passato del paziente, nella sua anamnesi famigliare, ma ha tanti costrutti sociali e culturali.

Come afferma V.Cesareo “Un profonda contraddizione serpeggia nelle società occidentali. Da un lato esse sembrano soccombere ad una crisi di identità che le getta nella sfiducia e nella paura del futuro, dall’altro gran parte della cultura veicolata dai mass media fa di tutto per dissimulare tale crisi di identità, spingendosi addirittura ad individuare nell’occidente contemporaneo la terra promessa per l’affermazione della soggettività umana. Insomma sfiducia e senso di autosufficienza, impotenza e onnipotenza: ecco i termini della contraddizione in cui versa il mondo occidentale”.

L’investimento sul Se, anche se deviato o dissociato, spesso li fa eccellere nel lavoro, come inizialmente   nelle relazioni sociali, per poi crollare se perdono il lavoro e se vivono un senso di fallimento. Il lavoro segna infatti l’appartenenza a qualcosa, soprattutto fornisce quei dogmi di regolamentazione della vita, al di fuori dei quali si sentirebbero perduti. Sentire di appartenere è in fondo un modo per sentirsi parte di qualcosa, -non soli- e di  possedere un’identità ( non a caso i “gruppi” oggi sono ritornati molto di moda).

Quando paragono il loro disagio e la loro storia famigliare a quelle di generazioni fa, dove c’era un grado molto più alto di disfunzionalità, mi accorgo che i danni sono maggiori e più subdoli,  ci deve quindi essere qualcosa   nel processo educativo e nella cultura in cui viviamo che nuoce gravemente alla salute psichica.

Le persone hanno pertanto il diritto  e la necessità di essere in-formate, aiutate a capire, per non ferirsi o ferire.

Rebecca Montagnino

 

BIBLIOGRAFIA:

http://www.stateofmind.it/2012/05/disturbo-narcisistico-intervista-lingiardi/

Alexander Lowen, L’identità rinnegata

R. Filippini, Avventure e disavventure di un narcisista

G.Gabbard, Psichiatria psicodinamica

Vincenzo Cesareo, L’era del narcisismo

 

 

 

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