NARCISELFIE
Di recente (tra l’altro navigando in rete, perchè la rete è ANCHE una cosa intelligente) mi sono imbattuta nella scoperta di un interessante libro: Narciselfie di Stefano Greco e Silvio Valota in cui gli autori parlano del fenomeno narcisismo non più solo come di una patologia individuale, ma come di qualcosa che è divenuto l’emblema del nostro mondo digitale attuale, dove a cadere nella rete non è più solo l’individuo, quanto la stessa collettività e le istituzioni di riferimento. Il tema chiaramente mi è molto affine e l’aver individuato un’ intera comunità narcisistica lo è ancora di più, basta considerare l’uso di Twitter da parte dei politici. Blogger, personaggi famosi e personaggi che lo vorrebbero diventare, hanno tutti oggi l’occasione di esibirsi “grazie” al Web.
Tra l’altro con lo scandalo che sta toccando Zuckerberg (cronaca di uno scandalo annunciato, visto che si sapeva benissimo l’uso dei profili su Facebook), solo una piccola parte degli utenti ha cercato di cancellare la sua presenza rivalutando il concetto di privacy. Eppure fb è o non è lo specchio in cui farsi ammirare e farsi gli affari degli altri???
Secondo gli autori il fenomeno esibizionistico creato dai social ha finito per normalizzare condotte narcisistiche che in altri tempi sarebbero state considerate assurde, in questo il narcisismo e il web sono un’ unione perfetta per descrivere lo spirito di questo periodo. Inizialmente fanno un excursus molto preciso del problema nel corso della storia della psicologia e degli autori che se ne sono occupati, con un posto d’onore, come è giusto che sia, ad A.Lowen. Ben lontano dal carpire la tragicità che il fenomeno avrebbe toccato nella nostra era, aveva già negli anni ’80 fatto una sacra distinzione tra l’Io (quel povero dimenticato) e l’immagine del Sè, aspetto prevalente e..unico? dei narcisisti. Lowen affermava che la mancanza di interesse per gli altri, definito oggi con individualismo, in realtà non significa per compensazione un amore smisurato per sè stessi, in quanto i narcisisti sono al contempo ignari dei loro reali bisogni. La salute psicofisica per lui era data dalla somma dei sentimenti, pensieri in accordo con la persona, ovvero attraverso il riconoscimento dell’Io, senza il quale la persona si muove su falsi bisogni e falsi sentimenti, derivanti appunto dalla proiezione esterna di un’immagine che spesso non coincide per nulla con quello che è l’Io.
Ho apprezzato molto la definizione di egotelismo ( dal greco telos, ovvero finalità), che descrive perfettamente lo stile educativo di oggi (assai presente anche negli adolescenti, semi adulti, adulti, talvolta anche anziani aggiungerei): un comportamento condizionato dall’aver ricevuto tutto, troppi giocattoli, esperienze, per cui il bambino non è capace a spostare nel tempo la soddisfazione dei sui bisogni, a confrontarsi con i suoi limiti, a tollerare e gestire la frustrazione conseguente. E’ un comportamento assai visibile in ogni angolo, laddove l’individuo cerca solo e sempre di soddisfare il proprio ego e di esempi in proposito ne avremo un’infinità. Mi viene quasi da pensare che probabilmente molte delle condotte che cataloghiamo come “maleducate”, siano in realtà frutto proprio dell’egotelismo che racchiude il concetto di egotismo, egoismo e narcisismo in modo eccellente. Così essi affermano ancora, che se è naturale ambire ad una buona percezione degli altri nei nostri riguardi, è patologico investire su questa teatralità tutte le energie, mancando alla fine di empatia verso il prossimo o chiudendosi nelle proprie convinzioni limitanti o nella simbiosi del proprio dispositivo digitale. Lo scopo dell’Io finisce così per diventare la somma di quello che vorremmo mostrare agli altri, è come fare un copia incolla di frasi, interessi, un puzzle che possa ” arrivare” interessante e appetibile. Riprendendo Federico Mello :“Viviamo un tempo di solitudini. Viviamo un tempo di aspettative infinite e irrealizzabili. Siamo bombardati da un consumismo di aspettative nutrito in ogni istante dal mercato, tanta politica, populismo, dai social network, dal sistema mediatico, da un senso comune che ci esorta ad esagerare, a desiderare troppo, che non ammette sconfitte, separazioni, dolori, perdenti.”
Il narcisismo colpisce anche attraverso il terrorismo che altro non è che l’eccesso di quest’esasperazione portato allo stremo, individui impazziti che si suicidano creando morte di innocenti o individui comunque impazziti che si immolano dando sfoggio delle loro gesta in mondovisione.
Per arrivare poi al concetto vero e proprio di narciselfie. Il significato della foto di un tempo, foto come ricordo nostro in primis, è andato perso completamente, oggi siamo invasi dal visivo altrui che siano cene, vacanze, oggetti nuovi, bambini, animali in tutte le pose. La fotografia oggi è per fare share: la condivisione è diventata la ragion d’essere di tutto e tutti, la priorità: essere sempre presenti, sempre pieni di cose da mostrare (spesso eventi che l’utente vive solo superficialmente, come nei musei o mostre dove impiega più tempo a farsi i selfie o la foto da postare, che tempo per sentire, osservare, farsi catturare…e così ai concerti o a qualsiasi banale evento, non c’è più un presente, ma un fugace momento per farsi apprezzare poi). La rete e la connessione sono così diventati il modo per evitare la paura dell’abbandono e della solitudine, dove però non si apprendono e semmai si dimenticano le abilità sociali e relazionali, preziose nella vita di tutti i giorni. Questo non include solo i ragazzi che sono schiavi del dispositivo, purtroppo sta cambiando anche le abitudini di coloro che hanno appreso- pur loro malgrado- l’uso dei social. Vedo sempre più adulti che fuorviano le loro relazioni sul mondo virtuale con conseguente disabitudine alle regole sociali basilari come ad esempio l’abrogazione della telefonata per non perdere/dedicare tempo e la gestione delle relazioni via chat. Il pubblicare così la propria vita privata, rendendola pubblica sta creando un intimità distante, dove la scrittura non segue la riflessione e piuttosto innesca uno sproloquio che arriva in modo diretto, brusco, impudico, grossolano e invadente.
Molti esperti parlano di F.O.M.O : Fear of Missing out, la paura di non essere considerati in rete e quindi la presenza ossessiva su tutti i social possibili. Il bisogno di connessione va di pari passo con la paura di perderla, si perderebbe tutto in quanto tutta la vita è nel dispositivo, dagli interessi, ai contatti, alle informazioni, alla condivisione, al sentirsi importanti o seguiti dagli gli altri. Non a caso si parla di dipendenza senza sostanza: si dipende da un’idea, un immagine mentale da cui però prescinde tutto il nostro essere. Questo porta a gesti compulsivi di controllo costante delle notifiche, nel tenere acceso il dispositivo in ogni luogo e momento ( e di usarlo soprattutto in ogni luogo e momento anche al cinema ad esempio, senza considerare che si disturbano i vicini e nemmeno a farlo fosse il Presidente del Consiglio). In questo stato è facile che ci si lasci governare dal telefono e che questo vada a rafforzare negli adolescenti una personalità labile e dipendente. ” La loro personalità non è stata temprata da una vita scalata a piedi, perché probabilmente c’è sempre stato qualcuno che ha risolto i problemi al loro posto. Alcuni Narciselfie non hanno mai dovuto inviare un curriculum vitae perché una raccomandazione era sempre pronta per loro. I loro figli sono stati delegati sistematicamente a nonni e baby sitter. Le rendite economiche hanno consentito loro un notevole disimpegno lavorativo, almeno sul piano delle preoccupazioni mentali. Una vita apparentemente agiata ma vissuta al prezzo di una personalità fragile e costantemente rivolta verso se stessa e verso ’incapacità di amare gli altri perché troppo impegnato ad amare se stesso… oggi il tratto caratteristico del Narciselfie potrebbe essere l’arresto della capacità di vivere la vita reale, ovvero l’incapacità di modulare l’essere connesso con l’essere disconnesso. Oppure il non saper distinguere dove finisce la vita reale e inizia quella digitale e viceversa.”
In pratica se un tempo il narcisismo era basato sull’avere, consumare, raggiungere uno status, quello di oggi è impregnato sulla costruzione del migliore dei profili social che si possa immaginare. Oggi c’è un abuso di narcisismo in quanto la relazione con se stessi e con il mondo è caratterizzata da una grave “mancanza di sintonia e di equilibrio, con prevalenza di dinamiche prevaricanti, manipolative e autoreferenziali”. Questo atteggiamento si manifesta secondo gli autori attraverso:
– Frequenti oscillazioni emotive, disturbi dell’umore, reattività;
– Stili di relazione negativi, lamentosi e polemici;
– Presunzione;
– Totale assenza di empatia;
– Complesso di superiorità manifestato con arroganza e disprezzo;
– Egomania, ovvero convinzione che tutto quello che l’ego desidera debba essere necessariamente soddisfatto;
– Ambiguità, atteggiamento manipolatorio.
– Tendenza a creare false identità sui social network.
Il libro è oltre ad un crescendo di stimoli notevoli, anche un’opera ironica e leggera: godibile e condivisibile il passaggio in cui si elencano i ” vizi” dei socialpatici, come l’uso delle aste per i selfie, specie nei luoghi di cultura, l’invasione dei pranzi salutisti, la glorificazione delle prodezze sportive, situazioni assai frequenti.
Infine…una bella riflessione; ricordano ancora gli autori che l’etimologia del termine narcisismo viene dal greco per indicare il fiore ma anche il termine Narkoss, ciò che fa intorpidire, narcotizza appunto, come lo siamo forse un pò tutti oggi, narcisisti più o meno, o semplici spettatori silenti del fenomeno.
Rebecca Montagnino
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